L’ESTATE ORRIBILE DEL SIGNOR PD

Non è necessaria, cari lettori, meditazione faticosa sotto il solleone per dichiarare che questa sarà ricordata come l'estate orribile del signor Pd, nel senso di Partito democratico, prima il nome e poi il cognome. Lui sa benissimo che la disfatta è probabile oltre che possibile, ma noi vogliamo aiutarlo a ricordare. Uno autorevole che un tempo fu amico e se la prendeva col Cinghialone, oggi gli ha scritto che «è meglio che il Pd muoia». È Giampaolo Pansa. Un vecchio notabile, Piero Fassino, ha osato pronunciare le parole tremende perfino sulle pagine de La Repubblica: «Non si può negare lo smottamento elettorale. Continuiamo a perdere fra gli operai e le zone popolari. Rischiamo di essere un partito che su ogni tema raccoglie un consenso minoritario». Era in segreteria del Pci con Alessandro Natta, oggi si augura che si ritirino due rappresentanti del passato come D'Alema e Veltroni, mentre lui non fa un solo passo indietro. Non che Veltroni risparmi accuse al ricicciato D'Alema; quest'ultimo pare che abbia già vinto il Congresso al quale non è chiaro se arriderà partecipazione di pubblico o no, e visti i precedenti, questo preoccupa molto il signor Pd, Veltroni lo accusa esplicitamente di segare l'albero del centrosinistra. L'altro gli risponde, l'informazione di prima mano viene da Peppino Caldarola, che è «un fannullone che con le sue dimissioni continue ha rovinato la sinistra».
Il Pd riflette sulla sua breve ma già consumata vita. L'elettorato operaio l'ha abbandonato, nelle regioni rosse ha cominciato a preferirgli la Lega. Il dialogo fra ex comunisti e cattolici è finito, per lasciare il posto allo scontro fra sinistra e ex dc. Il segretario Franceschini, detto «me ne vado, non me ne vado», anela al nuovo, lui che già sgomitava nella Democrazia cristiana. Bersani si candida per conto di D'Alema, cioè per farlo fuori definitivamente. L'uomo nuovo, Ignazio Marino, s'è fatto beccare nelle Americhe su una brutta storia di rimborsi spese. Su tutti incombe, orbo di sintassi ma ricco di minacce, Antonio Di Pietro. L'ex pm crede nel collasso strutturale dell'area democrat e spera di succhiargli come il sangue elettorato. Si è anche trovato un bel giocherello nuovo, un giornale diretto dai noti Padellaro e Travaglio che prima di uscire già ha raccolto migliaia di abbonamenti rubandoli all'Unità. Su Di Pietro il signor Pd si amareggia e si arrovella. Senatore candidato da D'Alema, ministro di Prodi, alleato di Veltroni, tutte le volte che l'ex pm stava per scomparire finalmente dalla scena politica è stato resuscitato. Pensavano di giocarselo, sono finiti suonati, oppure gli dovevano qualcosa e sono stati ripagati con amaro calice.
Il signor Pd sa che la questione morale lo ha investito in pieno. È vero che non è da solo, ma certo è in prima linea nello scandalo pugliese, una brutta storia di tangenti e di mafia, di escort e di forniture sanitarie. Già se l'era vista brutta in Campania, dove Antonio Bassolino è stato inquisito nell'affare dei rifiuti, e in Calabria, dove la giunta Loiero e l'uomo forte del Pd, l'ex segretario regionale Nicola Adamo, passano da un'indagine all'altra. Ma in Puglia è ben peggio, l'intero sistema politico del centrosinistra è nei guai per la Sanità, dentro ci stanno tutti, politici, dirigenti degli enti erogatori e imprenditori scaltri, dall'inizio della legislatura presieduta da Nichi Vendola. A questo punto il signor Pd rimpiange i finanziamenti delle Feste dell'Unità e, anche se di nascosto, quei bei soldi che arrivavano da Mosca prima del crollo del comunismo. E la questione morale, non gliel'avevano spacciata per un suo cavallo di battaglia?
È un’estate triste per il signor Pd. Se non avviene il miracolo, il congresso sarà un fallimento e le primarie falliranno per abbandono. Chi siano i due candidati principali non se lo ricorda nessuno. Franceschini emana l'odore del suo fallimento alle europee e alle amministrative, mescolato a quello tremendo, un vero tanfo, del suo giustizialismo di approdo; Bersani ha tanti estimatori ma non fanno un personaggio, e D'Alema gli pesa addosso come l'ombra di Banko.
Soprattutto a Pd pare che la sua sorte non commuova nessuno. Tantomeno al vecchio sodale, il sindacato, che si prepara a un autunno di licenziamenti e di cassa integrazione e scopre che il partito di riferimento si è distratto, incaponito, e ha fallito, con una storia di escort e di avventure private del presidente del Consiglio. Certo, gli resta La Repubblica, ma comincia a capire che non è stato un grande affare lasciargli la guida dell'avventura politica scandalistica, un po' per fare opposizione, un po' per mascherare l'affare pugliese. È andata male, Pd deve ammetterlo, delle ragazze che Berlusconi ha incontrato a casa sua non importa niente a nessuno, figuriamoci ai leader mondiali che si sono precipitati al G8 dell'Aquila a sprecare complimenti per l'odiato premier, figuriamoci alla famosa società civile che avrebbe dovuto indignarsi e marciare sul Palazzo.
E adesso pover'uomo? Viene voglia di disegnargliela un'opposizione degna di questo nome, come Jessica Rabbit, così, per amore della democrazia.
PS.

Confesso ai lettori di aver tratto ispirazione dalla copertina di Venerdì di Repubblica, dove un volonteroso scrittore di fantascienza, Michele Serra, dissertava di un'estate della disfatta del signor B, con tanto di foto di Silvio Berlusconi. La mia non è fantascienza, sta qui la differenza.

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