Unambizione di massa, quasi una moda letteraria. Le pagine dedicate allIndia da parte degli scrittori occidentali sono migliaia. Emilio Salgari vi ambientò fiction dallesotismo intrigante, Herman Hesse vi si recò nellestate del 1911, Guido Gozzano fece rotta a Bombay lanno dopo. Qualcuno la utilizzò semplicemente quale set delle sue trame, qualcun altro forzò la mano sugli aspetti più originali tanto da restituire racconti che, letti oggi, fanno quasi sorridere.
Ma il repertorio indiano non restituisce solo intrecci torbidi o appassionanti feuilleton. Nei decenni passati, in molti hanno tentato di captare più realisticamente gli umori e gli odori che si respirano a quelle latitudini. È il caso di Pier Paolo Pasolini. Quando, nel 1961, vi si reca con Alberto Moravia ed Elsa Morante, il continente asiatico è decisamente diverso dallattuale. Eppure, il suo diario, ora ripubblicato da Bompiani in un agile volume miscellaneo (Lodore dellIndia, pp. 133, euro 9,50), resta ancora un must del genere.
LIndia di oggi è però assai diversa da quella di mezzo secolo fa. Arundhati Roy ne dà uno scapigliato profilo che non collima affatto con le gaudenti cronache di inizio Novecento. In Quando arrivano le cavallette (Guanda, traduzione di Giovanni Garbellini, pp.
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