Non siamo ancora arrivati al picco dell'epidemia e l'influenza ha già messo a letto più di 25mila milanesi attivi, cioè colletti bianchi e blu. I tre giorni passati sotto le coperte, secondo una stima della Camera di commercio, sono costati alle imprese oltre cinque milioni di euro, quasi il 10 per cento del totale italiano pari a 60 milioni di euro. E siamo solo all'inizio: il virus dell'influenza ha iniziato a circolare a ritmo lento da metà ottobre per poi correre verso Natale, quando l'incidenza della malattia è decisamente aumentata.
Il peggio deve ancora arrivare: il culmine è atteso per fine gennaio. La patologia ha ripercussioni economiche diverse da Nord a Sud: ci si ammala nella stessa misura, stando ai dati del ministero della Salute, ma i costi sopportati dalle aziende, fuori dal comprensorio milanese, sono inferiori grazie al minor numero di occupati e a retribuzioni medie lorde più basse.
In tre mesi solo nel capoluogo lombardo sono stati persi in malattia 76mila giorni: questi dati considerano gli occupati milanesi costretti a letto, tra imprenditori e lavoratori compresi in una fascia di età fra i 15 e i 74 anni, per una media di tre giorni di malattia a testa ed escludono il costo del week end. In tutta la regione sono stati superati i 180mila giorni.
A fare la differenze il numero degli occupati e la retribuzione media lorda: nel capoluogo lombardo il costo di un giorno di malattia calcolato dalla Cciaa è pari a 96 euro, mentre nel resto d'Italia scende a 87 euro. Finora il momento peggiore in tutta Italia si è avuto a cavallo della fine dell'anno. Tra l'ultima settimana di dicembre e la prima di gennaio, sono rimasti bloccati dalla febbre più di 180mila lavoratori. Cifre su cui concorda Fabrizio Pregliasco, responsabile del Centro di riferimento per l'influenza e le malattie respiratorie dell'università di Milano che, oltre a monitorare ogni giorno l'andamento del virus, ha studiato quale potrebbe essere la strategia per ridurre le ripercussioni economiche di questo malanno di stagione. «Abbiamo ipotizzato che venissero sottoposti a vaccinazione tutti i lavoratori tra i 50 e i 65 anni di età, come viene consigliato negli Stati Uniti, considerando questa fascia di età quella più suscettibile di ammalarsi spiega lo specialista - e abbiamo calcolato che potrebbero esserci risparmi, tra costi diretti e indiretti, per 700 milioni di euro ogni anno». Davvero una bella cifra che tiene conto non solo del costo per i giorni di lavoro persi, ma anche di quelli sopportati per visite mediche, farmaci ed eventuali ricoveri ospedalieri.
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