L’Inter-fairplay applaude i campioni del mondo

da Milano

I gol, d'accordo. Ma poi il resto... Derby da sfavillio. Solito pomeriggio di un giorno da cani, ma solo per chi perde. Derby tra emozioni e sensazioni. E con quel colpo di teatro, quello che ti racconta lo sport come vorresti che fosse. O, forse, come dovrebbe tornare ad essere. Di tanto in tanto. Non sempre: per evitare la noia. Agonismo e cattiveria sono il suo bello. Il fair play l'essenza della sua eleganza, dell'imparare ad essere diversi. Ci voleva il colpo di teatro per rendere questo derby doc, indimenticabile forse no. Ma, certo, tra quelli da ricordare.
Ci voleva qualcosa che smontasse quel derby senza colore, voluto dagli ultrà. Tribune senza striscioni, nessuna goliardata come nelle tradizioni. Dalle curve penzolavano solo due lenzuoloni bianchi che annunciavano il sapore di una contestazione. Quello della curva interista diceva: derby senza libertà di colore. Quello dall'altra parte concludeva: non merita neppure il calore. Sintesi da immaginare: arrangiatevi!
Ma poi... poi c'è stata l'Inter che ci ha spiegato che c'è terzo tempo e terzo tempo. C'è ipocrisia e sincerità. Quando Mancini e i giocatori si sono schierati davanti agli spogliatoi, ed hanno scortato l'ingresso in campo del Milan con il loro battimani, tutto San Siro ha sentito il brivido. E così Maldini, che ha lasciato brillare gli occhi e abbracciato l'allenatore nerazzurro contro il quale ha giocato tante volte. Sembrava una storia, un momento, di tempi finiti nelle nebbie. E se il Milan sarà andato fiero della sua maglia, con tanto di scritta made in Galliani (sicuri non porti rogna?), l'Inter ci ha lasciato negli occhi quegli applausi, quel senso dell'onore e del rispetto che solo sport più nobili, di quello pallonaro, hanno insegnato. Idea pescata dal senso del fair play di Moratti, che l'ha ispirata, e del suo allenatore che l'ha sposata. Idea da anteprima, più che da terzo tempo.
Pochi attimi, poi via. Quando il derby è cominciato e il pubblico interista ha preso a fischiare sonoramente Ambrosini, che non era stato proprio un gentleman ai tempi dello scudetto, il senso della rivalità sportiva e tifosa è tornato ad esser protagonista. Sono stati fischi ed anche fiaschi (vedi Dida). Ma stavolta il derby doveva aver davvero qualcosa di speciale, a giudicare da una profetica scenetta. Il tabellone di San Siro ha visto lungo quando ha segnalato l'Inter in vantaggio. Peccato che avesse appena segnato il Milan. Per qualche attimo sono volati fischi, sorrisi e mugugni, soprattutto di chi crede ai segnali del destino. Nel giro di un tempo la profezia si è avverata e, a quel punto, dai fiaschi si è passati alle comiche. La curva interista è diventata velenosa nella trovata, fors'anche ispirata dall'avvocato Prisco che, lassù, si sarà divertito quanto mai.

Dida è stato una sciagura per i milanisti, ma un eroe per gli interisti che hanno cominciato ad invocarne il nome. San Siro è stato preda di un solo urlo. Il portiere di tutta la sua angoscia. Suvvia, goliardi, in fondo siamo a Natale. Dov'è finito il terzo tempo?

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