L’INTERVENTO

Credo sia opportuno e giusto sottolineare a quale basso livello stiano portando, a chiusura, questa campagna elettorale taluni commentatori, e lo stesso Veltroni, candidato premier della cosiddetta nuova sinistra.
Lo confesso, anch’io avevo sperato che Veltroni portasse nella politica italiana quel po’ di civiltà che manca da troppo tempo. C’è stato chi ha definito «moscia» e «noiosa» questa campagna elettorale, che a me invece, fino a una settimana fa, è sembrata alquanto corretta e serena. C’è stata un’improvvisa caduta di stile, e soprattutto da parte di Veltroni, che pure all’inizio si era prodigato per apparire l’uomo della novità e della moderazione.
Una svolta positiva, così era apparsa la leadership veltroniana. Benché alquanto tartufesco, persino il fatto che egli evitasse di chiamare per nome il suo diretto avversario politico, cioè Berlusconi, era stato considerato elemento positivo. Lo stesso Berlusconi non aveva esitato a sperarlo.
È stata purtroppo una speranza venuta meno nel modo peggiore. Lasciamo pure stare certe frecciate polemiche, talune anche poco eleganti, da considerare inevitabili e normali in una competizione in cui è in gioco la direzione politica del Paese. Ma è nel finale che è avvenuto il peggio, quello che potremmo definire avvelenamento dei pozzi.
Come si fa, diciamolo onestamente, a pretendere, come ha fatto Veltroni, che il suo avversario politico accetti di fare una dichiarazione di lealtà repubblicana? Una provocazione e una offesa tesa con tutta evidenza a far apparire l’avversario inaffidabile, maleintenzionato e chissà cos’altro. Una strumentalizzazione inammissibile, che scredita decisamente chi la pratica e rende incredibile la sua pretesa d’essere promotore di novità e cambiamenti nella politica italiana. Sfrontatamente si dimentica che Berlusconi è stato due volte presidente del Consiglio, ha giurato e mantenuto fedeltà alle istituzioni, ha reso sempre onore all’Italia rappresentandola all’estero, non ha mai dato segni di fraudolenza. Francamente gli si è rivolto un affronto imperdonabile.
Chi qui scrive è un liberale tutt’altro che docile e condiscendente, come molti avversari non esitano a riconoscergli e come lo stesso Cavaliere sa. Fermamente attestato, per cultura e convinzioni profonde, sulla sponda del centrodestra, non ho mai demonizzato i miei avversari. Con quelli di sinistra ho sempre avuto rapporto ideali e di reciproco rispetto, senza cedimento. E però ora, pur stando fuori dalla mischia elettorale, ritengo insopportabile questa pretesa unilaterale di certa sinistra di decidere chi sia corretto e chi no, chi degno e chi no, chi democratico e chi no, dove stia il buono e dove il cattivo. Neppure all’elettorale, a cui spetta il diritto di scegliere chi meriti di governare il Paese, va riconosciuto il potere di demonizzare chi pure non merita il suo voto. Questa è democrazia.
Questa campagna elettorale, che avevamo sperato diversa, più seria e soprattutto serena, si conclude purtroppo assai male. Il suo finale sottolinea quanto sia distante ancora il tempo di una sinistra nuova, veramente socialdemocratica, quanto manchi ancora quella civiltà politica che rende liberale la democrazia, tale da portarla all’alternanza tra forze politiche diverse e contrastanti, ma ambedue saldamente democratiche.


Io non nego che difetti e manchevolezze ce ne siano anche a destra (certo scadimento nel linguaggio politico, e persino quel sistema elettorale che sembra ispirato da Caligola), ma, pur col massimo sforzo di buona volontà, risulta assai difficile dare anche alla sinistra di Veltroni quella qualifica, a cui tanto tiene, di nuova e diversa. Sì, com’è ancora lontana certa nostra sinistra da quella Bad Godesberg che alcuni decenni fa nobilitò la sinistra tedesca.

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