Il dibattito aperto dall'amico ministro Sandro Bondi mi affascina e al contempo mi spinge a intervenire per apportare ai lettori e agli elettori, a chi cioè non vive nelle segrete stanze ma ci conferma sempre il proprio consenso, un elemento aggiuntivo che ritengo indispensabile: nomi e cognomi. Parto un po' a ritroso: 7 aprile 2006, piazza del Plebiscito, Napoli. All'epoca non eravamo ancora Popolo ma Casa delle libertà e mi colpì particolarmente l'aria sorpresa di Fini e Casini per una piazza affollata ed entusiasta come mai prima. Gli stessi «alleati» di allora dovettero ammettere da quel palco che sarebbe bastato solo un impegno diverso per poter vincere le politiche. In quella campagna elettorale, invece, a correre con convinzione e ottimismo fu solo Silvio Berlusconi.
A questo punto, sempre a beneficio di chi ci legge, mi piace ricordare che perdemmo, se così fu, per 24.000 voti che, ironia della sorte, richiamano alla mente un must della canzone italiana. Ma la notte in cui vedemmo crescere quei 24.000 voti come una slavina fu una notte singolare almeno a Napoli. In tarda serata infatti, il Viminale annunciò il vantaggio in Campania della Cdl al Senato, cosa inaspettata soprattutto per il governatore Bassolino che aveva creato nei sui 13 anni di reggenza incontrastata - per usare un eufemismo - una rete clientelare perfettamente funzionante. Così almeno noi campani andammo a letto soddisfatti del risultato mentre il meccanismo di spoglio si inceppava per motivi tecnici tra milioni di schede nulle. Che all'indomani ritrovammo tra il cornetto e il cappuccino. Questa fu la genesi del governo Prodi.
Dopo quel mea culpa degli allora alleati le cose nel tempo non sono andate migliorando. Sebbene il gradimento di Silvio Berlusconi da parte dei cittadini sia cresciuto sempre in maniera costante permettendo allo stesso Fini di ricoprire la terza carica dello Stato, abbiamo dovuto continuare a trascinare zavorre. Mi spiego meglio perché sono un pacifista.
Se vogliamo aprire un vero dibattito volto al consolidamento del Popolo della libertà allora dobbiamo partire dal nostro peccato originario: non aver fatto la riforma della giustizia. Da ciò l'attuale situazione di stallo con una parte, una gran parte, della magistratura incattivita che sfoga il proprio livore massacrando una parte, una sola parte, della politica. È da qui che nasce l'Italia di Spatuzza. È da qui che il governo in carica che in soli 100 giorni ha risolto problemi enormi come quello dell'immondizia (tanto per citare un esempio a me caro) non riesce oggi a produrre secondo le proprie capacità perché stoppato da una parte della magistratura letteralmente ossessionata da Silvio Berlusconi.
Allora tanto per essere ancora più chiari, il punto di partenza per poter battezzare questo Pdl ripulendolo dal peccato originario, è senz'altro quello di spezzare il filo che unisce una parte dell'Udc con una parte, sicuramente minoritaria, dell'ex An e tirare dritti verso la riforma della giustizia.
Non c'è più tempo per l'inciucio. Questo è il tempo di governare. Siamo abbastanza adulti per lasciare fuori chi non condivide lo spirito con il quale è nata Forza Italia; lo spirito con il quale Berlusconi è salito sul predellino e ha invitato gli alleati a confluire in un popolo di gente libera che vuole un Paese democratico e moderno. Casini ha risposto no e siamo sopravvissuti alla perdita vincendo le ultime elezioni. Fini ha risposto sì e ce ne siamo felicitati.
Ma chiaramente, quando apri le porte, rischi sempre che qualche amico di amici mal intenzionato ti si intrufoli dentro casa.
*Coordinatore Pdl Regione Campania
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