L’INTERVISTA MASSIMO GIORDANO

La premessa di Massimo Giordano: «Dino De Rubeis non è uguale a tutti gli altri sindaci italiani». E il motivo, il primo cittadino di Novara lo spiega subito: «Lampedusa è una postazione di frontiera, non una città normale e questo, mi creda, cambia molte cose».
È un modo per dire che è d’accordo con il suo collega?
«Aspetti...».
Ma ha fatto bene o no De Rubeis a mettersi contro il governo?
«Il problema non è lo scontro con Maroni, fare il sindaco non significa certo diventare un suddito».
E allora qual è?
«È necessario porre un freno. Maroni va sostenuto, è sbagliato scagliarsi contro un ministro che sta combattendo una battaglia per l’interesse dell’intero Paese, da Nord a Sud».
Pensa che il cpt sia l’unica strategia per vincere questa battaglia?
«Rinunciare vorrebbe dire lasciare una porta spalancata quando invece va chiusa, a tutti i costi. Va costruita una diga resistente, al più presto. Non c’è altra soluzione, ne sono convinto al 100%».
Altrimenti che succede?
«Quello che è già sotto i nostri occhi, ogni giorno: gli immigrati stracciano il provvedimento di espulsione e non se ne tornano a casa, ma al contrario, restano in Italia, vivendo da clandestini».
De Rubeis però teme che il nuovo cpt allontanerà i turisti...
«Non ho dubbi che esistano disagi, ma sono certo che il governo saprà ricompensare Lampedusa».
Come?
«Magari erogando delle opportune sovvenzioni per non far morire il turismo nell’isola. Sono fiducioso, si troverà un accordo perché Maroni sa quello che è giusto fare e un risultato l’ha già ottenuto».
Quale?
«La sinistra ha finalmente preso coscienza del problema dell’immigrazione».
In che senso?
«A forza di ricevere in faccia pomodori dagli italiani ha smesso di ripetere che vanno accolti tutti».
Però non ha smesso di criticare il governo...
«Certo, ma almeno ora rimprovera Maroni di non essere capace di cacciarli nel modo giusto! E questo mi sembra già un successo».
Da Lampedusa a Novara, non mi dica che da lei ci sono solo immigrati regolari.
«Magari sapessi quanti sono quelli irregolari».


Nell’incertezza che fa?
«Teniamo una pressione fortissima. Offriamo un modello alternativo, non come quello di Chiamparino che a Torino accoglierebbe chiunque».
Ma la sinistra non era maturata?
«Non tutta. Una parte ha iniziato a prendere coscienza del problema».

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