L’«intonarumori»? Una cosa da pazzi!

La prima volta al Dal Verme fu uno scandalo. Correva l’anno 1914 e nella mattinata del 21 aprile la polizia si affrettò a vietare l’esecuzione. C’era chi diceva che poteva disturbare e s’annunciava una sera di polemiche. Intervenne la politica e la situazione si sbloccò: in serata ecco il temuto spettacolo a suon di ululati, gorgoglii e ronzii emessi da 18 strani marchingegni, metafora di una modernità che arrivava. Per l’epoca una cosa da pazzi, tanto che in teatro scoppiò il finimondo e fuori ci furono persino dei tafferugli. Proprio così: debuttò in grande stile l’artista futurista Luigi Russolo, padre dell’«intonarumori» lo strumento del suddetto scandalo: una serie di grandi scatole che emettevano rumori prodotti da una manovella e amplificati da una tromba acustica, come quelle dei vecchi grammofoni. Oggi pomeriggio, a distanza di 95 anni, quell’invenzione torna nella sala di via San Giovanni Sul Muro (ore 18, in occasione del Centenario del Manifesto Futurista). In programma brani scritti dai colleghi musicisti di Russolo: da Franco Casavola («Il mercante di cuori» e «Ranocchi al chiaro di luna») a Francesco Balilla Pratella («Il tamburo di fuoco»), a Silvio Mix («Angoscia delle macchine»). Le pagine verranno eseguite dall’orchestra dei Pomeriggi musicali, per l’occasione diretta dal maestro Carlo Boccadoro. «Gli anniversari - attacca Ivan Fedele, compositore di respiro europeo, già per il prossimo anno direttore artistico incaricato dei Pomeriggi e ideatore del programma odierno - sono sempre un momento per fare il punto su un movimento artistico, cioé per vedere la sua produzione e riconsiderare le influenze che ha avuto». Al di là delle valutazioni strettamente artistiche, il segno lasciato dal compositore-pittore-futurista «ha soprattutto una natura ideale - spiega -. Alle sue concezioni si sono interessati personaggi del calibro di John Cage, Bela Bartok e Igor Stravinskij (da alcune lettere s’è appreso che quest’ultimo venne in città per conoscere Russolo e che cercò di imitare con il pianoforte le sonorità dell’intonarumori, ndr). E il suo lavoro, all’insegna della rottura con l’accademismo, influenzò diversi musicisti europei. Spero di poter organizzare una rappresentazione con brani di alcuni di loro». Sul Futurismo e Russolo, «nonno» della «musica concreta» di Schaeffer, è stato fatto molto al Mart di Rovereto e molto s’è interessato Franco Tagliapietra, studioso d’arte contemporanea: «Ha intuito che nell’estetica della città, legato al movimento c’è il rumore. Da qui il suo impegno per dargli una forma». Degli strumenti originali non ne è rimasto uno e pure le pagine scarseggiano (tanto che per il concerto di oggi sono state prestate dall’archivio della Radio Svizzera Italiana). «Gli strumenti originali, che erano a Parigi e Milano, sono andati distrutti durante la Seconda Guerra mondiale a causa di incendi e bombardamenti - spiega Pietro Verardo, ex vicedirettore del Conservatorio di Venezia e ri-costruttore del “macchinario“ futurista -. Li ho ricreati per la grande mostra di Venezia del 1977 sulla base dei primi progetti. Ora il mio obiettivo è quello di ricostruire tutta la “famiglia”; dal gorgogliatore all’ululatore...». Gli spartiti sono disseminati qua e là in fondi pubblici e privati (dalla biblioteca di Lugo di Romagna al Conservatorio di Campobasso).

A promuovere il personaggio ci ha pensato Franco Maffina, a Varese; molto attivo è il pianista con base fiorentina Daniele Lombardi. Che insieme alla fondazione Mudima di Milano, dagli anni ’70 in poi ha puntato al recupero della corrente italiana attraverso pubblicazioni discografiche.

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