Egidio Sterpa
Sono cinque anni oggi. Quel giorno, davanti alla Tv, quanti di noi non pensarono, per almeno un minuto, che quelle immagini dei due aerei che penetravano le Twin Towers fossero fiction e non realtà? Cera nei nostri ricordi il caso di Orson Welles, che ai radioascoltatori americani aveva fatto credere alla discesa dei marziani sulla Terra. La realtà, purtroppo, ci mostrava lesistenza di una mostruosa Spectre, che pensavamo fosse solo fantasia dello scrittore inglese Jan Fleming, linventore dellagente 007.
È realtà, altroché, lesistenza di Bin Laden, che si nasconde tra le montagne asiatiche, e ora di Ahmadinejad, il politico che non si nasconde, guida addirittura uno Stato, sostiene con soldi e armi gli Hezbollah e vorrebbe cancellare Israele dalla faccia della Terra. Siamo davvero allantitesi del mondo civile.
Stiamo vivendo una terza guerra mondiale, diversa sì per modalità e strumenti dalle precedenti ma malefica e perniciosa ben più delle altre? La domanda è retorica, ma tuttaltro che fuori dalla realtà. Ralf Dahrendorf, rispettabilissimo liberale tedesco naturalizzato inglese, su Repubblica ha svolto una tesi almeno in parte opinabile: gli attentati terroristici, dice, non sono atti di guerra ma «imprese criminali» (parte condivisibilissima); però, sostiene, la democrazia (ed ecco la parte in qualche modo opinabile) è indebolita dalle leggi e dalle misure adottate dai governi dei Paesi colpiti dal terrorismo (Usa e Gran Bretagna soprattutto, ovviamente) che violano lhabeas corpus e restringono le libertà civili.
Ha fatto impressione un video della rete televisiva araba Al Jazeera, che mostra Bin Laden partecipare ai preparativi dellattacco alle due torri di New York. Un documento storico che non può non far ragionare correttamente sui rischi che lumanità corre con la presenza di forze così oscure e personaggi tanto irresponsabili. Sì, lhabeas corpus, lo Stato di diritto, le libertà civili vanno difese, nessuno di noi può rendersi responsabile della nefandezza di cancellarli, ma come cautelarsi legittimamente? Ecco un interrogativo altamente drammatico e inquietante per un liberale.
Che cosa fa il mondo politico occidentale per scongiurare che si ripetano «imprese criminali» come lattacco a New York e gli attentati di Madrid e di Londra? Sono più duna ormai le cancellerie europee che contestano linterventismo americano in Afghanistan e in Irak: Francia, Spagna, ora lItalia, senza contare le riluttanze della Germania e la contrarietà della maggior parte dei Paesi che fanno parte dellOnu (oltre Russia, Cina, Cuba i Paesi islamici, asiatici e africani). LOnu è una grande delusione per chi ha sperato che fosse la migliore garanzia per assicurare al mondo una convivenza pacifica. Il suo più sconfortante segretario generale è risultato certamente lelegantissimo diplomatico ghanese Kofi Annan, che, in carica da quasi dieci anni, non è riuscito a farne una buona. Si è recato una settimana fa a Teheran e ne è tornato senza battere ciglio dopo il no dellIran sulla questione nucleare. Stessa musica sul fronte europeo: il responsabile della diplomazia dellUe, lo spagnolo Javier Solana, ha incontrato inutilmente a Vienna il negoziatore iraniano Ali Larijani.
LIran, insomma, vuole la bomba atomica e non è con una diplomazia passiva che si può ottenere di far cambiare idea ad Ahmadinejad. Lultimatum dellOnu è scaduto e non ci sono né sensazioni, né finora spiragli negoziali. Altrettanto inutile, con inspiegabili reciproci sorrisi, lincontro Prodi-Larijani a Palazzo Chigi. Siamo insomma, in un guado da cui non si esce senza una alta, intelligente e ferma politica internazionale. Certo, impensabile un intervento militare. Ma come non tener conto di quel che ha detto lanalista israeliano Efrain Inbar: «LIran è oggi uno Stato pazzo», che mira a conquistarsi, col possesso del nucleare, la leadership del mondo arabo.
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