L’Iran sfida l’Occidente «E adesso produrremo combustibile nucleare»

ARRESTI Continua nel Paese la retata di oppositori: nel mirino il clero riformista

Lo chiamano ultimatum, ma è l’ennesima mossa per guadagnare tempo, riavviare un’interminabile trattativa e accumulare uranio arricchito. Stavolta, però, il bluff è così evidente da sembrare persino sguaiato. Ad annunciarlo ci pensa il ministro degli Esteri Manoucher Mottaki. «La comunità internazionale ha un mese di tempo per decidere se accettare o no le condizioni iraniane questo - spiega il responsabile degli Esteri - è un ultimatum». Un ultimatum seguito, in caso di mancata accettazione, dalla produzione d’uranio arricchito al 20 per cento indispensabile, secondo Teheran , per alimentare un piccolo reattore nucleare destinato alla ricerca medica. «L’Occidente deve decidere se fornire combustibile per il reattore di Teheran attraverso l’acquisto o lo scambio altrimenti lo produrremo autonomamente». L’aut aut di Mottaki dà per scontato il superamento di una pericolosa linea rossa. Toccare la soglia del 20 per cento, ufficialmente per motivi sanitari, significa portarsi ben oltre quel 5 per cento sufficiente per l’alimentazione delle centrali nucleari. E visto che l’uranio può venir arricchito in fasi successive la mossa può servire a creare scorte da portare poi fino a quei livelli del 90 per cento indispensabili per la produzione di ordigni nucleari.
A rendere ancor più inaccettabile l’ultimatum contribuisce la situazione interna della Repubblica Islamica. Chiedere all’Occidente di piegar la testa e trattare mentre il regime liquida il dissenso interno equivale a formulare una proposta indecente. Stando ai siti riformisti nelle ultime ore sei giornalisti e sette esponenti del clero si sono aggiunti ai circa 1.300 esponenti dell’opposizione già finiti in galera. I sette religiosi arrestati nella città santa di Qom sono Ahmad Reza Mehrpur, famoso per le sue dichiarazioni via internet e sei discepoli del grande ayatollah dissidente Hossein Ali Montazeri, morto il 20 dicembre scorso. Il nuovo ultimatum diventa ancor più paradossale se si considera l’atteggiamento tenuto nei confronti delle proposte avanzate da Onu e Aiea con il pieno appoggio del gruppo dei «5 più 1». Per comprendere il bluff iraniano bisogna partire da lì, dalle proposte, scadute il 31 dicembre e sottoscritte dai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Cina e Russia) e dalla Germania (in qualità di negoziatore).
In base a quel pacchetto Teheran doveva mettere a disposizione dell’Aiea tutto l’uranio arricchito fin qui prodotto. In cambio Francia e Russia avrebbero fornito a Teheran le barre di combustibile nucleare al 5 per cento destinato ad alimentare il reattore della centrale atomica di Busher e quelle al 20 per cento per il piccolo reattore di Teheran destinato alla ricerca medica. Consegnando in una sola volta tutto l’uranio in suo possesso l’Iran avrebbe garantito di non poter procedere allo sviluppo di un’arma nucleare almeno per l’anno in corso. E l’America di Barack Obama avrebbe utilizzato la parentesi temporale per avviare un negoziato diretto.

Teheran, invece, ha lasciato scadere il termine del 31 dicembre e tenta di riproporre una consegna dell’uranio in fasi successive che le garantirebbe il controllo di quantitativi sufficienti a produrre un ordigno nucleare. Una proposta inaccettabile per l’Occidente.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica