L’Italia ha fatto blog

Se tutte le idee di Beppe Grillo si riducessero alla trilogia parlamentare, saremmo di fronte al trionfo della banalità, della stupidità e anche dell'incostituzionalità. Che i parlamentari debbano essere scelti dagli elettori e non dai partiti, è stato sostenuto da molti, solo che la reintroduzione delle preferenze sarebbe un rimedio peggiore del male. Il divieto di elezione nelle assemblee rappresentative oltre due mandati è una autentica sciocchezza senza eguali nei Paesi democratici. L'ineleggibilità o la decadenza automatica da parlamentare per condanne passate in giudicato è una regola sacrosanta (del resto è in vigore anche oggi, solo che deve essere valutata volta per volta dal Parlamento), mentre la stessa previsione per i condannati in primo grado, oltre ad essere discriminatoria, è contraria alla Costituzione per la presunzione di innocenza.
Al di là della trilogia, è però certo che il popolo del blog grillesco esprime se non un movimento, sicuramente uno stato d'animo diffuso in alcuni strati della popolazione. Si tratta della lontananza, o diffidenza, o addirittura ostilità nei confronti dei partiti tradizionali, e della ripugnanza per il malcostume di quella parte del ceto politico - si prenda l'ultimo caso di svendopoli - che si ritiene al di sopra della legge. In definitiva non è altro che l'ultima manifestazione dello spirito anarchicheggiante che costituisce un tratto, non necessariamente negativo, degli italiani.
L'interrogativo che tuttavia si pone di fronte al grillismo, come del resto si poneva per i girotondi finiti tristemente nel nulla, è in che misura le vaghe e viscerali esigenze che si scaricano sul blog possano tramutarsi in proposte, iniziative e obiettivi politici, superando la chiacchiera di piazza, reale e virtuale. Che lo si accetti o meno, la democrazia è quella cosa per cui qualsiasi istanza popolare, per quanto astrattamente valida e fortemente sostenuta, se non è tradotta in proposta politica con strumenti politici nelle sedi appropriate, finisce sempre per svanire nel nulla lasciando molta cenere sul terreno.
Nessuno può dire se il grillismo sarà in grado di fare quel salto che mai è riuscito in precedenza ad analoghi movimenti antipolitici: contro tangentopoli, contro Berlusconi con i girotondi, a partire dall'anti-antifascismo del padre del qualunquismo, Guglielmo Giannini, anch'egli uomo di spettacolo, che finì a pietire un posticino in Parlamento alla Dc dopo avere attraversato una roboante stagione di effimeri successi. Quel che però si può notare già oggi è che diversi politici stagionati volteggiano come falchetti su Beppe Grillo: il presidente della Camera Fausto Bertinotti che legittima gli insulti al Parlamento e fa il verso ai sociologi asserendo che qualsiasi vuoto in politica si riempie; il ministro Di Pietro che non si fa scappare un'altra occasione per rinverdire la vena demagogica che ha fatto la sua piccola fortuna parlamentare; e i vedovi girotondini che si aggrappano al comico alla ricerca di un cadreghino come il loro collega Francesco Caruso.
Più del resto, però, all'orizzonte del nuovo movimento (?) volteggia ancora una volta una grande bufala: la contrapposizione tra una mitica società civile, che appunto Beppe Grillo ora rappresenterebbe, e una malvagia società politica («i partiti sono un cancro... io li voglio distruggere»), fonte di ogni male. Ormai qualsiasi osservatore dovrebbe avere appreso che con società civile si intende semplicemente tutto ciò che non è Stato e istituzione: gli ordini professionali e gli ecologisti, le Dame di San Vincenzo e l'orgoglio gay, i commercianti e i pensionati, la mafia e gli accademici dei lincei, i lavavetri e i ricercatori. Quale delle tante tessere che compongono la società italiana Grillo vorrebbe rappresentare?
Nel nuovo fenomeno antipolitico c'è tuttavia una vera novità: l'impatto dell'uso della Rete sulla politica. È difficile prevedere come cambieranno l'informazione e la comunicazione politiche con Internet, e in che misura esso sostituirà o integrerà stampa e tivù.

Se l'America insegna qualcosa, si può solo osservare che finora gli uomini politici, anche i candidati presidenziali, hanno dovuto controllare le loro esternazioni per non vederle ridicolizzate in You-Tube. Grillo appartiene alla categoria dei comici che ridicolizzano uomini e cose. Fino a quando durerà il gioco prima che Grillo stesso finisca affogato nel suo ridicolo?
Massimo Teodori
m.teodori@mclink.it

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