Di fronte a una catastrofe come quella del Golfo del Messico nessun Paese è o sarebbe in grado di reagire tempestivamente e con reale efficacia. Basti pensare che dal pozzo Bp a una profondità di 1.500 metri si riversano in mare tra le 4.000 e le 8.000 tonnellate di greggio al giorno e il petrolio a causa delle azioni delle correnti non risale verticalmente in superficie, ma si disperde. L'Italia è però tra i Paesi meglio attrezzati per poter contrastare l'inquinamento in mare da idrocarburi, avendo con lungimiranza investito risorse significative per dotarsi di unità con capacità anti-inquinamento.
La Marina Militare dispone di 6 pattugliatori, le quattro unità classe Cassiopea e i due, più recenti Sirio, dotati di sistemi anti-inquinamento e in grado quindi di svolgere anche missioni di protezione civile. Nel primo caso si tratta di navi da quasi 1.500 tonnellate di dislocamento entrate in servizio nel 1989-90, finanziate con fondi del ministero della Marina mercantile nel quadro della legge sulla difesa del mare, così come è accaduto anche per i due successivi Sirio, da 1.600 tonnellate, in linea dal 2003. Queste navi hanno diverse «armi» per contenere, dissolvere o recuperare gli idrocarburi dispersi in mare. In particolare i Sirio possono calare in mare 250 metri di barriere di contenimento, formate da 25 elementi modulari da 10 metri, alti 80 centimetri, collocate nella zona di manovra a poppa. Con queste barriere si «intrappola» la sostanza inquinante per consentirne la rimozione con gli appositi sistemi meccanici. Ci sono poi due «cannoni», denominati aste irroratrici, installate a prua, che possono spruzzare liquidi disperdenti, prelevati da apposite casse, che hanno una capacità di 30 metri cubi. I liquidi vengono miscelati con acqua di mare e poi lanciati in mare attraverso gli ugelli delle aste. Con la nave che avanza a una velocità di 16 nodi le due aste possono spruzzare da 200 a 2.000 litri di disperdente, più o meno concentrato, su 10.000 mq di superficie.
L'arsenale si completa con un sistema di recupero degli oli di tipo a dischi, a funzionamento idraulico, che separa meccanicamente l'olio minerale dall'acqua di mare. La capacità di recupero dipende dalla condizioni marine, dalla temperatura e dalla viscosità dell'olio, e varia tra 30 e 50 metri cubi/ora. Il petrolio recuperato viene poi accumulato in due gruppi di casse nella nave, con una capacità di circa 500 metri cubi. Il sistema di recupero a dischi, il Discoil, è realizzato da una società italiana, la Ocs di Albignasego, in provincia di Padova, che ne ha venduti centinaia di unità, in diverse configurazioni e modelli, in tutto il mondo, anche negli Stati Uniti, per applicazioni industriali o navali. I Discoil sono stati usati anche in Italia, ad esempio in occasione dell'affondamento della petroliera Haven. Sono in grado recuperare quantità anche significative di idrocarburi, che possono ad esempio essere trasferiti nelle cisterne di una petroliera.
La Marina effettua costantemente esercitazioni antinquinamento per verificare procedure e affinare le tecniche e ha una indubbia competenza in materia e capacità di risposta in caso di emergenza.
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