New YorkPrima cera stata lindimenticabile Reagan, la piccola indemoniata protagonista del cult movie Lesorcista, poi Carol Anne, che attraverso il televisore aveva contattato l'aldilà in Poltergeist (che nell82 aveva convinto Steven Spielberg a dirigere il suo primo film dellorrore). Quindi era stata la volta di Carrie, la timida teenager dotata di poteri paranormali protagonista dellomonimo film tratto dal best seller di Stephen King e diretto da Brian De Palma.
La passione dei grandi registi americani per un cinema dellorrore che abbia come protagonista una ragazzina allapparenza angelica ma in realtà diabolica e indemoniata non è mai cessata; ma stavolta la casa di produzione Warner Brothers ha osato introdurre lorrore in un mondo troppo delicato: quello delle adozioni.
Con lo slogan «Cè qualcosa di terrificante in Esther», Orphan, prodotto da Leonardo DiCaprio, debutta venerdì negli States con un battage pubblicitario simile a quello del sequel di Harry Potter. Mentre però la Warner promette al pubblico americano (e a breve anche a quello europeo) un film horror che farà concorrenza a Lesorcista e a Poltergeist, numerosi gruppi a favore delladozione hanno avviato una battaglia che a Washington li ha portati fino alla Camera dei deputati. La campagna è intitolata «Gli orfani non si meritano questo film»; tra blog ed email, decine di migliaia di famiglie adottive chiedono che Orphan perlomeno non venga pubblicizzato in tv se non a notte fonda, quando i bambini adottati e le centinaia di migliaia di orfani dormono.
Se il terrore del film verrà presto dimenticato dagli spettatori, la storia di Esther rischia invece di provocare severi traumi nei piccoli accolti in famiglia, perché il copione è zeppo di cliché: dopo una gravidanza interrotta Kate (lattrice Vera Farmiga) e suo marito (Peter Sarsgaard) decidono di adottare una dolcissima bimba di 7 anni, Esther (Isabelle Fuhrman). Che in realtà è un mostro deciso a distruggerli. A tutti i costi. «Devessere difficile amare un figlio adottivo allo stesso modo di uno tuo», dice con sarcasmo alla madre dopo averle rovinato la vita.
È stata proprio quella frase a convincere numerosi gruppi adottivi a chiedere di boicottare il film e a contattare il presidente della Warner, Barry Meyer, perché devolvesse una percentuale degli incassi agli orfani di tutto il mondo (e decidesse di cancellare almeno quella tragica battuta da un copione che comunque nuocerà agli orfani americani). Oggi negli Usa più di 130mila bambini sono in attesa di una famiglia: letà media, guarda caso? Proprio sette anni. Ma Hollywood sa che un buon horror garantisce incassi facili e Meyer ha accettato solo di aggiungere un messaggio a favore delle adozioni alla fine dei dvd della pellicola.
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