L’ultima follia suicida palestinese: i nemici da distruggere sono i fiori

L’ultima follia suicida palestinese: i nemici da distruggere sono i fiori

Gian Micalessin

da Gaza

Sono l'ultima risorsa tra le rovine. L'unica immediata fonte di lavoro per centinaia di palestinesi. La sola ricchezza sopravvissuta al ritiro degli israeliani. Ma a Gaza distruggono anche quella. Da giorni bande di miliziani armati e orde di civili assaltano, saccheggiano e riducono in rovina le serre di Khan Younis. Le bande armate protagoniste dell'ultimo gesto di autolesionismo collettivo la chiamano protesta. Quegli assalti, quegli scontri a colpi di kalashinikov con la polizia per depredare tubature, computer, pannelli solari sono, invece, l'ultimo segnale dell'agonia civile di Gaza. L'ultimo sintomo dell'impeto autodistruttivo che trascina all'anarchia l'intera Striscia. La vicenda delle serre si trascina dai mesi precedenti al ritiro israeliano. Allora da quelle piramidi di vetro ed acciaio uscivano fiori, frutta e verdura venduti in Israele ed esportati in tutto il mondo. In quelle stesse serre trovavano lavoro centinaia di palestinesi pagati dai coloni mille dollari al mese. Nelle settimane precedenti al ritiro il governo israeliano i coloni scoprirono che smontare e trasportare altrove le serre era più costoso di ricostruirle ex novo. A salvare le case di fragole e gerani dai cingoli dei bulldozer arrivò un consorzio internazionale guidato da Usaid, l'agenzia che gestisce molti degli aiuti governativi americani. Dopo una complessa e costosa trattativa le serre vennero comprate dai coloni e cedute ad un gruppo d'investitori palestinesi sotto il controllo del ministero delle Finanze. Da allora nessuna serra ha ripreso a funzionare come prima. La Pal Trade, la compagnia incaricata dall'Autorità Palestinese di rivitalizzare le coltivazioni, non ha mai raggiunto il suo obbiettivo. Oggi dalle poche serre rimesse in attività esce solo un'esigua porzione dei prodotti d'un tempo. I coloni in maniche di camicia sono stati sostituiti da invisibili dirigenti, ma in cambio i salari si son più che dimezzati. I lavoratori delle serre si devono oggi accontentare di meno di 400 dollari al mese. E neppure quelli, viste le ristrettezze finanziarie dell'Anp, son sempre garantiti. Così in pochi mesi l'inadeguatezza, l'incapacità e la scarsa generosità dei nuovi gestori ha finito con l'esasperare le maestranze palestinesi, spingendole a rimpiangere i vecchi padroni israeliani.
A scatenare la furia delle maestranze è stato - alla fine - il mancato pagamento degli stipendi. Ma a guidar gli assalti alle case di vetro sono stati i miliziani assunti dall'Anp per far la guardia alle rovine degli insediamenti. Dopo aver atteso per due mesi i 150 dollari di salario promessi in cambio dell'inquadramento tra le file della Sicurezza nazionale i militanti armati hanno scatenato l'assalto all'unica infrastruttura ancora in piedi. Dietro a loro si son fatti largo i civili assettati di saccheggio. La polizia palestinese intervenuta per bloccare uomini armati e folle impazzite è fuggita sotto i colpi di kalashnikov trascinandosi dietro una decina di feriti. Oggi il danno in qualche decina di serre è praticamente irreparabile. Gran parte delle strutture sono completamente scomparse, il poco rimasto è stato fatto a pezzi.
L'ultimo colpo alle esigue risorse palestinesi arriva mentre la magistratura dell'Anp cerca di far luce su dodici anni di corruzione e ruberie aprendo le prime inchieste ed arrestando decine di sospetti. Secondo il procuratore generale di Gaza Ahmed al Meghani le indagini hanno già portato all'arresto di 25 funzionari. Una mezza dozzina di personaggi legati alla dirigenza palestinese dei tempi di Arafat avrebbero invece cercato rifugio in Giordania. Il procuratore generale si è rifiutato di rendere pubblici i nomi degli ex potenti finiti nelle carceri dell'Anp, ma stando alle voci in circolazione uno dei primi ad entrar in carcere sarebbe stato un vice ministro accusato di aver convogliato sui propri conti una somma di circa centomila dollari. Bazzecole rispetto ai miliardi di dollari di ammanchi che Al Meghani sostiene di star ancora cercando di rintracciare.

«Ogni giorno che passa scopriamo nuovi episodi di corruzione e malgestione» ha detto il procuratore citando le indagini appena avviate sull'Autorità per il Petrolio, il monopolio che gestiva tutte le importazioni di benzina e idrocarburi a Gaza e in Cisgiordania.

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