L’ultima moda: tutti in bici (ma senza freni)

Un fenomeno modaiolo nel Paese della moda (e delle mode)? Assolutamente no. Piuttosto, un tunnel d’entusiasmo. Stiamo parlando delle biciclette a scatto fisso, in gergo «fixed». Quelle - per intenderci - che hanno la particolarità di avere un solo rapporto e nessun meccanismo a «ruota libera» (insomma, non è possibile pedalare a vuoto). Quelle - sempre per capirci - che si usano per correre in pista. E, naturalmente, del loro «popolo», ovvero gli appassionati, che oemai non è più possibile non notare in città. Si, perchè in questi ultimi tempi si stanno moltiplicando in modo esponenziale. Come indentificarli? Semplice, basta un po’ d’attenzione e guardarsi in giro. Le bici sono semplicissime, essenziali, coloratissime, superpersonalizzate. E loro, i cilisti (ma è meglio chiamarli «fixer», all’americana), sono generalmente giovani (ma non è obbligatorio) e di ambo i sessi. Spesso sono motociclisti o ex motociclisti, «convertiti» al nuovo credo. Ve li ricordate gli skateboard e i rollerblade di qualche anno fa? Roba d’archivio, buona per musei, sepolta dalla storia. Per capirci, le «fixed» hanno preso il loro posto, letteralmente spodestandoli.
«Il fenomeno delle “fixed“ viene da San Francisco - racconta Giuseppe Biselli, giornalista e fondatore a Legnano di Cicloofficina (www.lacicloofficina.it), associazione che ha tra i suoi obiettivi la rivalutazione e la salvaguardia dello storico marchio ciclistico, la “Legnano“ appunto -, dove nasce negli anni Ottanta, sulla scia dei bike messenger, i fattorini in bicicletta, che utilizzano su e giù per le strade di Frisco questo mezzo agile e leggero, economico e facile e che ha bisogno di poca manutenzione». Ma la storia delle «fixed» è molto più lunga e articolata. «Le bici, in origine, tra fine Ottocento e inizio Novecento, non avevano lo scatto libero - continua Biselli -. Venivano chiamate “mezza corsa“, perchè si utilizzavano normalmente tutti i giorni, poi, la domenica, le si usava per correre. Un po’ come facevano i gentlemen driver con le automobili negli anni ’50 e ’60». Spesso, per costruirle, si parte proprio dai telai di vecchie bici da corsa. «Ormai anche le grandi aziende produttrici di biciclette hanno normalmente a catalogo le “scatto fisso“, perchè la richiesta è in costante crescita - spiega Biselli -. Ma la stragrande maggioranza degli appassionati, soprattutto i ragazzi, prende la vecchia bici da corsa del papà, la smonta e se la ricostruisce a “scatto fisso“».
«Si, la creatività è l’elemento essenziale - aggiunge Marcello Scarpa, cofondatore assieme ad Alberto Biraghi di Ciclistica, a Milano in via Pelizza da Volpedo 12 (www.ciclistica.it) -. Ognuno ci mette del suo, escogita un’applicazione tecnica diversa, ci mette un particollare in più. Ma quel che conta è l’elemento che accomuna tutti gli appassionati: ovvero la voglia di stare insieme e di andare in bicicletta. Prova ne sono le decine e decine di eventi perlopiù autoorganizzati, senza sponsor nè premi, che fioriscono di continuo. Noi, ad esempio, organizziamo ormai da sei anni due raid, la Milano-Torino a marzo e la Milano Venezia a fine luglio, che sono diventati dei classici. Ma per il resto sono tutti raduni e incontri a metà tra la competizione e la caccia al tesoro. Tutta “merce“ sana, ecologica, vissuta all’insegna dello sport e della condivisione di una passione. E non c’è dubbio che muoversi in città con una “fixed“ ha anche il significato della provocazione, nel delirio del traffico motorizzato».
Del resto, basta «smanettare un po’ su internet per scoprire un mondo tutto nuovo. Siti e blog dove la comunità si ritrova (in rete), per poi darsi appuntamento in strada e in pista (il velodromo coperto di Montichiari, in provincia di Brescia, è la meta invernale più gettonata). Su queste «stelle fisse» della comunità dei «fixer» (tra gli altri, non perdetevi milanofixed.com e dodicicicli.com), si trova di tutto: dalle biciclette, naturalmente, agli accessori, ai consigli tecnici, ai commenti, alle date degli eventi.

E i costi? Si va dai 500 euro di una «basic» normalmente a listino delle case produttrici in su. Ma si può spendere anche dieci volte di più, per mezzi artigianali quanto sofisticati. Insomma, ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche. L’importante è esserci.

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