L’ultimo tragico tango di Maria Schneider

L’attrice era stata la partner di Marlon Brando nel film di Bertolucci che nel ’72 scandalizzò l’Europa. La famosa scena hard "del burro" le diede il successo ma la fece sprofondare in una drammatica crisi personale. Il regista: "Avrei voluto chiederle scusa" Guarda le foto del film

L’ultimo tragico tango di Maria Schneider

Se Dominique Sanda non fosse stata incinta, oggi forse di questa morte, della morte di Maria Schneider, si scriverebbe appena. Una vita sospesa, di attesa, attraversando in fretta strade aspre, la droga pesante, un viaggio verso qualcosa di più incerto della sua stessa esistenza già intossicata alla nascita per colpa di un padre, l’attore Daniel Gelin che mai sentì il dovere di riconoscere quella creatura avuta per amore di Marie-Christine Schneider indossatrice tedesca. La Sanda, dunque, era stata individuata da Bernardo Bertolucci per interpretare la parte di Jeanne. Così Trintignant nel ruolo di Paul, il vedovo disperato per il suicidio della moglie.
Accaddero cose impreviste, Maria aveva diciannove anni, per un paio di autunni aveva vissuto nella casa abitata da Brigitte Bardot che la chiamava «bimbo», perché tale appariva, nei gesti, nei capricci, nei riccioli dei suoi capelli, nella bocca appena disegnata, nella sua fragilità di cui qualcuno, forse molti, seppero poi approfittare. La sua prima apparizione, marginale, in Mlady-Il piacere dell’uomo, di Roger Kahane, non lasciò traccia. La maternità della Sanda fu un segnale. Venne dunque scelta e una frase del film sembrò divenire la chiave della sua vita: «Trasformeremo il caso in destino». Sul set fu un’avventura feroce, Bertolucci non ammetteva pause, distrazioni, giochi e lazzi, due uomini dello staff tecnico furono ricoverati per attacchi di ulcera, Maria Schneider perse dieci chili durante la lavorazione, la scena storica dell’atto sessuale tra Brando e la giovanissima attrice fu improvvisata, stando alle parole della stessa Schneider in un’intervista concessa a una rete televisiva americana.
Quei fotogrammi, quel film rappresentarono la sua svolta, anche esistenziale oltre che professionale. Il salario di Maria fu di soli cinquemila dollari, un altro segno della sua immaturità non soltanto anagrafica, del «bimbo» che però era diventata una strega, una figura livida. Gli italiani dovettero aspettare quindici anni per vedere la pellicola, bloccata dalla censura, mandata al rogo, Bertolucci fu condannato per offesa al comune senso del pudore, la stessa Schneider si ribellò, dicendo di essere stata usata. In verità era il sogno, era il viaggio onirico e forse già chimico. Antonioni la volle in Professione reporter accanto a Nicholson e nonostante le difficoltà di lingua del regista, fu un’altra stazione importante e imprevista, Maria Schneider ribadì che l’esperienza accanto a Nicholson e sotto la maestria di Michelangelo Antonioni, segnò la propria maturazione artistica.
Inutile, effimera, perché altri produttori e registi andarono a cercarla, eccitati però dal burro di Tango, da quello sguardo ambiguo, provocante e provocatore, da quella voce arrugginita che finiva per accentuarne l’immagine e l’impressione perverse. Erano proposte indecenti, la Schneider fuggì da quelle e dal resto, le sue tane furono però quelle della cocaina e dell’eroina, di frequentazioni omosessuali, di una esistenza mai definita ma definitiva. Vennero altri film, asterischi rispetto a quella parentesi «eroica»: La derobade - Vita e rabbia di una prostituta parigina di Daniel Duval, perfino con Beppe Grillo in Cercasi Gesù di Luigi Comencini. Franco Zeffirelli la chiamò per Jane Eyre per destinarle la parte di una pazza rinchiusa nell’ala del castello. In archivio anche un disco-tributo a Lucio Battisti dal titolo Senor Battisti, interpretato con Cristiano Malgioglio. Il cancro le aveva tolto l’ultima luce, asciugando lentamente il suo corpo già avvelenato da una vita agra, giorni perduti. A cinquantotto anni si può, si deve ricominciare a respirare, lavorare, vivere. Maria Schneider si è arresa. «È davvero un delitto invecchiare», diceva Jeanne a Paul nel film di Bernardo Bertolucci.

Resta allora il ricordo di una stanza parigina, di una musica dolcissima, resta la rabbia malinconica di un talento maledetto, bruciato. Il suo ultimo tango si concluderà tra i cipressi del Pere-Lachaise, il cimitero degli artisti, a Parigi.

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