L’Unione si spacca sulla scuola di via Quaranta

Rifondazione chiede subito un tavolo sul caso

Chiara Campo

Il dibattito sulla chiusura della scuola islamica di via Quaranta spacca l’Unione. Non si erano ancora spente le polemiche estive sull’opportunità o no che l’istituto illegale intraprendesse un percorso per la parificazione, e la lettera con cui il Comune giorni fa ha chiesto alla direzione scolastica regionale di mettere la catena alla scuola per gravi «motivi igienico-sanitari» ha riaperto il caso.
«L’integrazione - sostiene il presidente cittadino della Margherita, Nando Dalla Chiesa - non può essere garantita da un provvedimento coatto, perdipiù emanato a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico e quindi senza margine per essere sottoposto a un pacato ragionamento. Il modo e i tempi della chiusura della scuola araba hanno tutto il segno dell’ipocrisia e di un cedimento a una pressione politica». Appellativo, quello di «ipocriti», che dirige evidentemente anche ai compagni di coalizione. «L’integrazione dei giovani cittadini musulmani è giusto che avvenga nella scuola pubblica, assieme ai nostri bambini», sostiene infatti il senatore dello Sdi Roberto Biscardini, che dice di condividere la decisione della chiusura della scuola islamica.
Anche il vicepresidente della Provincia Alberto Mattioli conferma che «non si tratta di razzismo e di spregio verso altre culture o differenti religioni, ma di quel rispetto per le regole cui tutti i cittadini si devono attenere». Posizione sostenuta pure dal presidente della Provincia Filippo Penati: «C’è l’esigenza di arrivare all’integrazione, sì, ma attraverso le scuole statali e non quelle paritarie che favoriscono la separazione». Tutto il contrario di quanto pensa il capogruppo comunale dei Ds, Emanuele Fiano: «Anche la scuola privata paritaria permette l’apprendimento della lingua e della cultura italiane avviando processi di integrazione che tuttavia assicurano il diritto al mantenimento di identità culturali specifiche. È inaccettabile che alcuni pensino di negare a priori questo diritto».
Chiede invece la convocazione di un tavolo istituzionale il consigliere lombardo del Prc, Luciano Muhlbauer: «La chiusura sembra ispirata più alla ossessiva campagna anti-stranieri del centrodestra che non al futuro dei bambini che la frequentano». Soddisfatta, in compenso, la consigliera di An, Carla De Albertis: «Finalmente verrà chiusa». In vista della ripresa dell’anno scolastico lunedì prossimo, però, si cerca una soluzione per i 500 bimbi che contavano di riprendere le lezioni in via Quaranta. Ipotesi che non veniva smentita neanche dall’assessore all’Educazione Bruno Simini. Pur ammettendo che le famiglie sarebbero state denunciate, riteneva improbabile che i cancelli sarebbero stati chiusi. Almeno durante il periodo «ponte», in vista del percorso di parificazione dell’istituto che alcune famiglie sarebbero disposte ad intraprendere: presentando la richiesta al ministero dell’Istruzione però, non riceverebbero la risposta prima della prossima primavera. Mercoledì il prefetto Bruno Ferrante aveva incontrato l’assessore Simini, ieri direttore scolastico regionale, Mario Dutto. Si lavora per trovare la soluzione meno traumatica possibile per i giovani, pur nella linea indicata ieri dal ministro all’Interno Giuseppe Pisanu che ha affermato: «I bambini islamici devono andare nelle scuole statali e imparare l’italiano, non voglio ghetti ma l’Islam italiano». Pur ribadendo che «la statale è attrezzata e pronta ad accogliere tutti», ammette: «Come si fa a chiudere una scuola?». Lasciando intendere che, almeno per ora, tutti potrebbero rimanere al proprio posto.
Sul caso è intervenuto anche il cardinale Tettamanzi, suggerendo «dialogo, incontro e integrazione». «Ho l’impressione - afferma - che su questioni come questa si arrivi sempre troppo tardi, anche se il problema non nasce oggi. Decidere sull’emergenza non è la cosa migliore.

Mi domando se siano state sufficientemente interpellate le famiglie dei ragazzi, ho l’impressione che i giudizi e le decisioni passino solo per alcune persone». Una lettera aperta è stata firmata invece da don Virginio Colmegna e altri esponenti della società civile contro la chiusura di via Quaranta.

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