Arturo Gismondi
Il dibattito parlamentare dei giorni scorsi, richiesto a gran voce dallopposizione al grido di «il governo venga in Parlamento», merita prima di essere archiviato qualche riflessione, tuttaltro che oziosa venendo subito dopo lattacco terroristico alla città di Londra, e in seguito alle prospettive che il ritorno in grande stile del terrorismo in Europa fa temere in specie per il nostro Paese.
Coerente con il momento che viviamo il ministro dellInterno Pisanu ha aperto il suo discorso dinanzi al Parlamento affermando che «il terrorismo islamico bussa alle porte dellItalia». Il dibattito che ne è seguito, però, non ha avuto nulla del pathos che un annuncio siffatto avrebbe giustificato.
E si può capire. Il compito di Pisanu era quello di sottolineare il pericolo, indicando rimedi giusti, ispirati al buon senso ma anche allobbiettivo politico di creare, con lopposizione, un minimo di spirito bipartisan, che dovrebbe servire a far passare senza eccessivi drammi quel che oggi è realisticamente possibile. Da questo punto di vista, Pisanu ha saputo trovare gli accenti giusti, anche se i rimedi adottati sono parsi a volte importanti, altre volte poco più di meri riempitivi.
Si è parlato fra laltro di sottrarre alle forze di polizia effettivi oggi usati in scorte e recapito di atti giudiziari, per impiegarli nellazione di contrasto, o di allungare il fermo di polizia a 24 ore, il tempo minimo per fare un sommario tentativo di accertare lidentità di individui sospetti.
Qualche giornale ha fatto notare il clima del dibattito, tuttaltro che eccelso, anche perché impostato con un obbiettivo politico: mostrare al mondo, e ai tanti italiani angosciati o anche solo perplessi, un Paese che dinanzi alla drammaticità del momento e alle minacce che pesano sul suo futuro non si divide in modo oltre a tutto anacronistico, e difficilmente spiegabile a chicchessia. In questo senso, ed essendo questo lobbiettivo del governo, le cose sono andate come previsto. La sinistra non ha fatto il viso dellarmi, ha applaudito, con leccezione della sinistra-sinistra che ha contestato le misure di Pisanu per difendere la sua posizione di principio sul ritiro dallIrak, avendo stabilito una volta per tutte che di qui, e non dallattacco dell11 settembre a New York, vengono i pericoli e anzi le ragioni del terrorismo che ci minaccia. La sinistra alternativa ha riservato un dispiacere a Rutelli, ma anche a Fassino, poiché essendosi deciso che il voto per i diversi impegni militari del nostro Paese avvenisse separatamente Bertinotti, Verdi e comunisti cossuttiani hanno riservato il loro «no» anche al rifinanziamento delle altre missioni italiane nel mondo, Kosovo, Afghanistan, Timor Est eccetera: 22 voti contro 407 sono pochi, ma la spaccatura della sinistra cè stata, quella estrema ha badato a conservare quel margine di autonomia che dovrebbe consentirgli di tenersi caro il suo peculio elettorale, minoritario ma non trascurabile nel quadro dellalleanza guidata da Prodi, e nel caso di una vittoria alle elezioni del 2006.
La situazione che si è venuta a creare non piace ai partiti maggiori della coalizione, alla Margherita, e alla maggioranza dei Ds. Rutelli ha scoperto per loccasione che lunità del centrosinistra difesa da Prodi è una finzione. E lamenta che mentre la parte «centrista» e «riformista» è in pratica indotta per non dividere lalleanza a votare «no» sullIrak, lo stesso impegno unitario cessa di valere per lestrema, che conserva la sua libertà dazione per tutti gli impegni assunti dal Paese anche se benedetti dallOnu. È una situazione paradossale, quella dellUnione, al punto che qualche commentatore tuttaltro che ostile nota che, andando avanti così, la sinistra una volta al governo dovrà sperare, in politica estera, nei voti della Casa delle libertà come fu nel caso del Kosovo.
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