Il laboratorio delle idee dove gli sconosciuti diventano numeri uno

In Veneto il centro leader nel marketing digitale. Che ha 12 start up in rampa di lancio

Il laboratorio delle idee dove gli sconosciuti diventano numeri uno

Nome: Bassel. Cognome Bakdounes. Anni 41. Segni particolari: la firma della sorella tatuata sulla schiena. Capitan Harlock dietro il braccio destro e la V di Velvet dietro quello sinistro. Velvet come il centri che ha creato. Entriamo dentro questa struttura a Castelfranco Veneto, Treviso. Da urlo. Dentro si respira aria buona. Condivisione. Passione. Ritmo. Musicalità. Ci sono tavoli pieni zeppi di roba, scrivanie che diventano console, pugni di libri, cataloghi, riviste. Immagini, progetti, schizzi. Ci sono lavori in cantiere, messi a punto, clienti da seguire, social da aggiornare. C'è una densità mista ad armonia. C'è energia, follia, ribellione, vitalità. C'è dinamismo. Voglia di fare. Zero lamento. Qui tutti stanno suonando un enorme concerto. Gente giovane, giovane dentro, giovane fuori, età media 28 anni, chi ha superato i 40 ha la giovinezza e la passione sul viso. Una continua evoluzione di idee, sfide, obiettivi raggiunti. Massima resa. Dritti fino al bersaglio.

La Velvet Media divenuta nel 2013 Velvet Media Italia è un esempio per il marketing digitale. Opera anche a livello internazionale negli Stati Uniti, Emirati Arabi e Thailandia. Gestisce oltre 3000 clienti. Inizialmente focalizzata per la promozione di imprese offline, ora cura anche tutta la parte social. Cos'è Velvet del resto se non «usare i social network per trasformare gli ignoti in numeri uno». Il loro modello di business si basa sul concetto di Marketing OmniChannel, l'unione di tutti i servizi di comunicazione per il lancio sul mercato di un brand, prodotto, servizio. Nulla è lasciato al caso. Tutto studiato. Per lui Bassel che, con un passato in Ferrari e in Philip Morris, ha imparato che «una cosa è a posto quando la si è controllata mille e una volta, con massima attenzione». Qui è un mondo che non sembra neanche italiano. Alle pareti ci sono le immagini dei manga, la passione preferita di Bassel, insieme alla pallacanestro e al punk. Spazi aperti, luminosi, fluidi. Questa è una realtà da 157 dipendenti per oltre duemila metri quadri, premiata dal Financial Times come una delle aziende col più alto tasso di crescita in Europa.

Ognuno ha la propria postazione. La propria passione. La propria personalità e creatività. Non ci sono briglie o dogmi da seguire, perché quello che hai dentro, il talento, esce meglio se lo lasci suonare. Adrenalina. Cuore. Passione. Fatica. Lacrime e sudore. Quei famosi dieci secondi di cui Bassel parla nel suo libro Marketing Heroes che «ti fanno sentire vivo più di ogni altra cosa». D'altronde lui sì è fatto da solo. Il padre è un ingegnere elettronico siriano nato a Damasco che finisce a studiare a Padova: doveva restarci un anno, ma l'amore per una studentessa di lettere gli fa cambiare idea. La mamma che cita Socrate, Bassel che cita Kenshiro. Quando disse al padre di voler studiare Comunicazione lui gli rispose che non era la facoltà proprio per un maschietto. Ma si ricordava di un insegnamento proprio del padre: «Il futuro sarà nelle mani di chi fa comunicazione». Dopo l'università, fa un master dove per pagarsi l'affitto mangia pollo, quello a meno prezzo, due volte al giorno. E parte da lì.

Lo studio dove Bassel ora è pieno zeppo di super eroi, fumetti, manga, libri. Da qui, anelli e braccialetti, racconta la sua prossima sfida: la cittadella dell'innovazione. Oggi tre start up su quattro falliscono entro il primo anno, e dopo tre anni ne resta viva una su 12. «Lo Stato italiano racconta - non aiuta gli imprenditori, siamo stanchi di vedere idee morire e abbiamo risolto il problema alla radice creando un modello rivoluzionario». Selezionate 12 startup su cento, stima che «queste realtà nel 2021 possano fatturare circa 16 milioni di euro». Ci sono già fondi di investimento pronti: «L'Italia deve uscire dalla crisi economica causata dal covid e saranno questi business a salvarla.

È la prova che le idee possono ancora vincere». Sì. Perché come gli ha insegnato il basket, arriva un momento nella vita che non è né un secondo prima, né un secondo dopo, dove da solo non vai da nessuna parte. E: «O passi la palla o ciao!.

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