Laboratorio Lazio, tra arte e fotografia

Ventidue artisti provenienti da altrettanti paesi chiamati a dialogare con alcuni dei luoghi più ricchi di storia della nostra regione

Valeria Arnaldi

Tra fratture e convergenze, tra simbolismo e realtà, fino al 14 ottobre, il Mediterraneo è protagonista di mostre in numerosi palazzi storici della regione. Sono ventidue gli artisti selezionati, su proposta delle ambasciate dei paesi d'origine, per partecipare alla prima edizione del festival «Il Lazio tra Europa e Mediterraneo», organizzato dalla Regione Lazio, con i patrocini del Presidente della Repubblica e del ministero Affari esteri. L’intento è quello di far idealmente incontrare, dialogare e confrontare opere di personalità diverse tra loro per ispirazione, formazione, cultura e tecnica, accomunate, però, dalla condivisione dello stesso mare, e soprattutto, dal forte desiderio di conoscere e comunicare in vista di una convivenza pacifica, della quale proprio l’arte vorrebbe farsi strumento.
«Si tratta di un progetto culturale vasto - spiega Claudio Strinati, sovrintendente al polo museale romano e direttore artistico della rassegna -. Non è possibile rintracciare un filo unitario tra le opere, se questo è inteso come la costanza verso un tema fisso. Ciò che colpisce, però, è l’unitarietà delle ragioni che muovono gli artisti alla ricerca della verità, seppure nel rispetto di una dialettica delle differenze». Molti dei protagonisti hanno avuto contatti con l’Italia e, più precisamente con Roma, della quale presentano il loro particolare punto di vista. Moussa Abdayem, libanese, espone al Museo archeologico di Leonessa l’opera «Castelnuovo di Porto», rivisitazione fantastica della cittadina, dove la luce prende il sopravvento sugli edifici, fino a cancellarli. Dell’algerino Kadour Naimi, produttore, attore e regista, sono i documentari sulle periferie romane e sul quartiere Esquilino, «piazza del mondo», proiettati a Palazzo Boncompagni di Roccasecca. Contaminazioni capitoline anche nelle acqueforti su carta di riso di Fatih Mika, turco, - noto per aver illustrato all’inizio della sua carriera le poesie di Eugenio Montale - al Museo civico di Bracciano e per la greca Lila Iatruli - che proprio a Roma, dove risiede dal ’92, ha scoperto la passione per la pittura - le cui opere sono esposte a Villa Lante a Bagnaia. «Nella varietà delle proposte, ci sono spunti particolarmente significativi - prosegue Strinati - Palazzo Doria Pamphilj a San Martino al Cimino apre le porte al fotografo albanese Roland Tasho e alla documentazione dei mestieri svolti dai suoi connazionali in Italia. Sono presenze oscure quelle del fotografo sloveno Damjan Kocjancic, che al Museo archeologico di Rieti, porta ritratti che sembrano strappati alle tenebre. Il palestinese Nasser Soumi al Chiostro di Sant’Oliva a Cori contamina strutture immaginarie con oggetti quotidiani, mentre alle Scuderie estensi a Tivoli il portoghese Henrique Dinis Da Gama svela una Lisbona segreta, semplicemente illuminandola».

Esclusa dal circuito espositivo Roma, «per il desiderio - dice Alessandro Nicosia, organizzatore generale del festival - di unire la panoramica sull’arte internazionale a quella sulle bellezze, meno note, del territorio».

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