Quali sono i meccanismi che scatenano la follia? Quali i traumi che portano a vivere le ossessioni e i deliri? Patrick McGrath ha fatto di queste domande il manifesto della propria letteratura in romanzi come Follia e Spider dando vita a uno stile narrativo da lui definito «new gothic» che attira l'attenzione dei lettori, turbandoli. La voce narrante delle sue storie è spesso inaffidabile, ma solo il lettore può comprendere pagina dopo pagina se è quella di un malato di mente o se le visioni che vi sono raccontate sono davvero accadute.
Questo è il tema principale anche di La lampada del diavolo (La nave di Teseo) in cui vengono narrate le vicende dell'anziano poeta Francis McNulty che nella Londra del 1975 confessa alla figlia di essere perseguitato da uno strano fantasma in divisa. Queste apparizioni accadono nella sua casa di Cleaver Square, dove l'oscura presenza costringe il vecchio a ripercorrere i drammatici episodi che hanno sconvolto la sua vita quando prese parte alla guerra civile spagnola, militando nelle brigate internazionali. Le domande della figlia Gilly e del giovane reporter Hugh Supple, che sta preparando un servizio su di lui, costringono McNulty ad alcune terribili confessioni. Scopriamo che la sua passione per la poesia romantica di Shelley e Byron è nata tardi ma che lo ha profondamente segnato nel suo modo di scrivere, così come le letture di Whitman, Yeats, Poe, Swinburne e Melville. Apprendiamo anche che lo hanno sconvolto le opere di Goya, soprattutto le Pitture nere che gli anno preconizzato il terrore e le miserie della guerra, figure disegnate dall'atmosfera sinistra come quelle presenti nel quadro intitolato La lámpara del diablo, altrimenti noto come L'esorcizzato. Il dipinto è conservato alla National Gallery e «raffigura un poveruomo, vittima di un maleficio, che nelle profondità della notte cerca di tenere accesa la sua lanterna, poiché nel caso si spegnesse la sua anima verrebbe ceduta al diavolo». McNulty sente di condividere il medesimo destino di quell'uomo, sa che se lasciasse spegnere la fiammella della ragione dovrebbe dare l'addio alla sua anima. Sa anche che se dovesse negare le visioni che ha quotidianamente del fantasma del generalissimo Francisco Franco dovrebbe negare i suoi sensi, dovrebbe ammettere un delirio, una malattia. D'altra parte sa benissimo che confessare a sua figlia perché è affiorato in lui un senso di disagio e di rimorso vorrebbe dire raccontarle chi è stato veramente lui nella sua vita: «ciò che Gilly non sa, e sono convinto che non debba saperlo mai, è che lui non si limita ad apparire, come ha fatto nell'ultimo scorcio dell'estate, e che questo dipende in qualche modo da me. Lui mi distoglie dalle difficoltà in cui mi trovo. Mi dice che gli devo delle scuse. E io faccio fatica a spiegare anche solo a me stesso che l'orrore iniziale è sbiadito in una sorta di rassegnazione, che a sua volta ha preso la sfumatura di compassione - posso chiamarla così? - ma, curiosamente, senza che sia venuta meno la consapevolezza dell'evidente abiezione di quel mostro. Gilly ritiene che io abbia le visioni, io invece lo nego. Ma forse il vero inganno di cui sono vittima è pensare di poter arrivare a comprendere il mostro, e conviverci».
Così il poeta inizia a ragionare sul fatto che «un tiranno senza potere è una creatura davvero pietosa. Ma naturalmente non per questo meno malvagia.
Il disfacimento etico, una volta iniziato, non conosce confini». Per andare fino in fondo nella sua presa di coscienza del passato e del presente, McNulty accetterà di accompagnare la figlia in Spagna, dove lei ha scelto di sposarsi. Ma i suoi incubi non cesseranno.
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