L'Arte dei rumori, quando Russolo futurista previde il destino della musica

Ripubblicato da Stampa alternativa l'introvabile manifesto dell'inventore dell'intonarumori: le geniali intuizioni che hanno anticipato i più raffinati musicisti contemporanei, da Varèse a Cage, da Brian Eno al rave

Porta la data dell'11 marzo 1909 ed è uno dei manifesti futuristi più geniali. Uno di quegli scritti nei quali il mondo che verrà è già prefigurato con l'eccezionale lucidità di quel manipolo di intellettuali ispirati dal genio di Filippo Tommaso Marinetti. Ora, nel centenario del primo manifesto (1909), Stampa Alternativa pubblica "L'Arte dei rumori" di Luigi Russolo (Fuori Collana, 112 pagine; 13 euro), reprint della versione originaria, arricchita da due saggi di Stefano Lanuzza "Rumori futuristi da Luigi Russolo a oggi" e "Cosa resta del Futurismo". Precorrendo molti sviluppi delle avanguardie musicali dal primo Novecento ai giorni nostri, questo manifesto uscito per la prima volta nel 1916 nelle milanesi "Edizioni futuriste di Poesia" al costo di lire 2 (e fino a oggi introvabile), ha destato l'interesse di musicisti come Satie e Stravinskij. Anticipando la "musica concreta" degli anni '60 e le sperimentazioni dei decenni successivi fino a oggi, ispirate alle combinatorie dei "suoni-rumori" e della musica elettronica. E poi le ricerche e le sperimentazioni di Ravel e John Cage, fino alla musica "enarmonica", alle svariate correnti del rock, ai polistrumentisti Brian Eno e Matthew Herbert. Ma anche, come sottolinea Lanuzza, lo swing, il jazz anni '30, il ritmo house e alla dance elettronica, il soft e hard rock, la pop music degli anni '60, la musica rave, Bill Laswell & Material (che nel 1999 danno il titolo di Intonarumori a un loro album).
Personaggio inquieto, futurista della primissima ora, Luigi Russolo (Portogruaro, Venezia, 1885 - Cerro di Laveno, Varese, 1947) frequenta a Milano l'Accademia di Brera. Pittore, musicista e scrittore, nel 1910 firma con Boccioni, Carrà e Severini il Manifesto dei Pittori futuristi. Tra le sue opere pittoriche degli esordi, contraddistinte da tematiche neoindustriali-metropolitane e da uno stile agli inizi astratto, poi programmaticamente futurista, spiccano Periferia-lavoro (1909), La rivolta (1911), Sintesi plastica dei movimenti di una donna (1912), Linee-forza di una folgore (1912), Solidità della nebbia (1913), Volumi dinamici (1913) e Dinamismo di un automobile del 1913-'14. Fino a quando decide di dedicarsi a una ricerca musicale collegata alla meccanica e all'acustica. E nell'"Arte dei rumori" prende forma l'elaborazione teorica che già contiene gran parte degli sviluppi futuri della musica novecentesca. Straordinaria l'idea di Russolo di pensare a una musica che ormai doveva utilizzare non solo i suoni, ma anche di tutti i rumori che costituivano il sottofondo dell'esistenza umana. È questa l'idea che ancora oggi hanno tutti i musicisti che fanno uso di rumori e suoni elettronici per le loro composizioni. Non ci sono suoni di serie A e di serie B. C'è un infinito magma sonoro, da cui il compositore può attingere liberamente. "Poiché i rumori - spiega Stefano Lanuzza -, anche quelli considerati molesti, fanno innegabilmente parte della quotidiana esistenza e in qualche misura condizionano o modificano la nostra sensibilità musicale, occorre tenerne conto. Magari valorizzarli "intonandoli", riflette Russolo che naturalmente non si pone il problema dell'eccesso dei decibel, deleterio per l'udito e rovescia l'archetipo del rumore-fastidio-antimusica nell'idea futurista del rumore-suono da volgere in materia musicale". Così, a sostegno della propria tesi, brevetta l'intonarumori, cui seguono, nel 1922, la costruzione del rumorarmonio, specie di amplificatore dei suoni-rumori e dell'arco enarmonico.
"La vita antica fu tutta silenzio - si legge nel manifesto - Nel diciannovesimo secolo, coll'invenzione delle macchine, nacque il Rumore. Oggi, il Rumore trionfa e domina sovrano sulla sensibilità degli uomini. Per molti secoli la vita si svolse in silenzio o, per lo più, in sordina. I rumori più forti che interrompevano questo silenzio non erano né intensi, né prolungati, né variati. Poiché, se trascuriamo gli eccezionali movimenti tellurici, gli uragani, le tempeste, le valanghe e le cascate, la natura è silenziosa". Segue una breve ed efficacissima descrizione dell'evoluzione della musica nei tempi. Fino ad arrivare ai nostri giorni. "Oggi l'arte musicale, complicandosi sempre più, ricerca gli amalgami di suoni più dissonanti, più strani e più aspri per l'orecchio. Ci avviciniamo così sempre più al suono-rumore. Questa evoluzione delta musica è parallela al moltiplicarsi delle macchine, che collaborano dovunque coll'uomo. Non soltanto nelle atmosfere fragorose delle grandi città, ma anche nelle campagne, che furono fino a ieri normalmente silenziose, la macchina ha oggi creato tanta varietà e concorrenza di rumori, che il suono puro, nella sua esiguità e monotonia, non suscita più emozione". E ancora. "Il suono musicale è troppo limitato nella varietà qualitativa dei timbri. Le più complicate orchestre si riducono a quattro o cinque classi di strumenti ad arco, a pizzico, a fiato in metallo, a fiato in legno, a percussione. Cosicché la musica moderna si dibatte in questo piccolo cerchio, sforzandosi vanamente di creare nuove varietà di timbri. Bisogna rompere questo cerchio ristretto di suoni puri e conquistare la varietà infinita dei suoni-rumori".
La varietà infinita dei "suoni-rumori", dunque. È da qui che prenderà avvio la musica concreta, la musica elettronica del Novecento. Edgar Varèse, grandissimo compositore del XX secolo, ebbe modo di ascoltare le successive esplorazioni sonore ottenute da Russolo con i suoi intonarumori e fu profondamente influenzato da queste straordinarie innovazioni.
Così Russolo, dopo una dimostrazione del primo intonarumori nel modenese Teatro Storchi (2 giugno 1913), il 21 aprile 1914, presentato da Marinetti, impresario e mentore che non s'esime dal minacciare punizioni corporali contro eventuali contestatori "passatisti", Russolo s'improvvisa professore d'orchestra dirigendo presso il Teatro Dal Verme di Milano un vero concerto con tutti gli intonarumori da lui inventati e costruiti col collaboratore Ugo Piatti. Per l'esecuzione, essi sono suddivisi in: gorgogliatori, crepitatori, ululatori, rombatori, scoppiatori, sibilatori, ronzatori, stropicciatori, scrosciatori.
Puntualmente negative.

E accompagnate, come capita spesso nelle manifestazioni dei futuristi, da proteste, insulti e lancio d'oggetti. Sono le reazioni del pubblico, sconcertato dalla novità quasi allucinatoria dell'evento. "Il pubblico non volle udire - minimizza Russolo (...) semplicemente perché i rumori, non intonati, preferì farli lui!".

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