L'artista Demnig porta a Roma 54 «pietre d'inciampo» per ricordare i deportati

Il 12 e il 13 gennaio le sistemerà lui stesso, con mazza, cazzuola e secchi di calce, in vari quartieri, di fronte alle case che furono abitate dalle vittime del nazismo

Sembrano normali sampietrini, ma hanno una faccia di lucido ottone che spicca sulla strada. Sopra ci sono incisi il nome e cognome di un deportato dai nazisti nei campi di concentramento. E poi, anno di nascita, data e luogo di deportazione e, solo quando si conosce, data della morte.
L'artista tedesco Gunter Demnig sceglie il marciapiede davanti alla casa in cui hanno vissuto queste persone per installare le sue Stolpersteine, «pietre d'inciampo». Un inciampo non fisico, ma visivo e mentale, che costringe chi passa, chi abita oggi lì, ad interrogarsi e a ricordare.
Sulle strade di Roma ne sono state già fissate 30 l'anno scorso di queste Stolpersteine e ora Demnig ritorna con altre 54.
Il 12 e il 13 gennaio le sistemerà lui stesso, con mazza, cazzuola e secchi di calce, nel centro storico, nella zona del Flaminio-Parioli-Salario, tra Castro Pretorio, via Nomentano e via Tiburtina, nei quartieri Appio, Ostiense, Ardeatino e a Borgo, ai Prati, sulla Balduina.
Un po' in tutta Roma, insomma. Siamo a 84 «pietre d'inciampo» nella città. Un passo avanti per costruire una grande mappa urbana della memoria.
Sarà una cerimonia semplice e piena di significato quella della prossima settimana. Una cerimonia che non finirà lì, ma durerà nel tempo, per ricordare deportati razziali e politici. É la seconda edizione di «Memorie d'inciampo» nella capitale.
L'idea di Demnig risale al 1993, quando l'artista fu invitato a Colonia per un'installazione sulla deportazione di cittadini rom e sinti. Un'anziana signora gli disse che a Colonia non avevano mai abitato zingari e l'artista decise di dedicarsi alla ricerca e alla testimonianza dell'esistenza di cittadini scomparsi per le persecuzioni naziste: ebrei, politici, militari, rom e omosessuali.
Nel 1995, proprio a Colonia, furono messe le prime Stolpersteine. Da allora ne sono state installate più di 22 mila in Germania, Austria, Ungheria, Ucraina, Cecoslovacchia, Polonia, Paesi Bassi.
Le «pietre d'inciampo» vengono finanziate da familiari o amici delle vittime: ognuna costa 100 euro. Un piccolo prezzo per far riemergere continuamente il passato, «quel» passato e intrecciare la memoria con l'attualità.
Invece del monumento che richiama occasionali momenti celebrativi, Demnig ha ideato questo segno concreto e tangibile, ma discreto, per suggerire di non dimenticare. E le Stolpersteine diventano parte della città, della vita quotidiana dei romani, delle persone di passaggio, dei turisti.
Come per la scorsa edizione, dopo l'installazione delle pietre, il progetto proseguirà con lo «sportello» aperto da Stefano Gambari presso la Casa della Memoria e della Storia, cui potrà rivolgersi chi vuole ricordare familiari o amici deportati attraverso la collocazione di una Stolpersteine davanti alla loro abitazione.
C'è anche un progetto didattico, perchè in ogni Municipio interessato vengono scelte alcune scuole per affidare a insegnanti e studenti la ricerca storica sui deportati alla cui memoria sono dedicati i sampietrini di Demnig.


L'iniziativa, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è promossa da ANED (Associazione Nazionale exDeportati), ANEI (Associazione Nazionale exInternati), CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), Federazione delle Amicizie Ebraico Cristiane Italiane, Museo Storico della Liberazione, e organizzata da Incontri Internazionali d'Arte.
A cura di Adachiara Zevi, ha un Comitato scientifico composto dagli storici Anna Maria Casavola, Annabella Gioia, Antonio Parisella, Liliana Picciotto, Micaela Procaccia e Michele Sarfatti.

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