Laurea a 90 anni per la regina della commedia

Nel pantheon della milanesità (categoria e luogo dello spirito che ormai meriterebbe le attenzioni del Wwf, visti i tempi che corrono), lei sarebbe un incrocio fra Nike e Mnemosine. Alla prima la avvicinano le «vittorie» inanellate nella sua lunga carriera, alla seconda la «memoria» che ne conserva. Una memoria non virata sul nostalgico ma, al contrario, sciorinata generosamente sotto forma di lezioni per i giovani. In particolare le giovani: donne, prima che attrici, o soubrette, o conduttrici, o cabarettiste... Donne a tutto tondo, che non intendono sedersi, in senso materiale e metaforico... beninteso, sui propri talenti, bensì vogliono coltivarli, farli crescere e maturare per mettere in riga gli uomini.
Lei, ovviamente, è Franca Valeri, libera docente in teatro, cinema, radio e televisione. A novant’anni (il 31 luglio scoccheranno i 91), si alza ancora dalla sua cattedra a domicilio per insegnare a tutti il mestiere e la vita, e le sue uscite non sono propriamente i canonici quattro passi in galleria a guardare le vetrine. Recentemente, per esempio, l’hanno incoronata «Queen of Comedy» al Festival Mix di Milano, al Teatro Strehler. «Ho sempre saputo - ha commentato - di piacere molto al pubblico omosessuale e mi fa piacere questa festa: è una platea sofisticata, non banale». Ecco, la banalità, la volgarità e il conformismo sono i suoi nemici, che si diverte a mettere ko con una battuta, un’alzata di sopracciglio.
La professoressa Franca Valeri, da ragazza abbandonò gli studi universitari in Lettere perché il suo moroso di allora e di sempre, il teatro, la voleva tutta per sé. Era un fidanzato geloso, non sopportava la concorrenza delle aule e dei libri, proponeva invece palcoscenici e copioni. Come resistergli? Ma fra pochi giorni, il 20 giugno (Sala Napoleonica di Palazzo Greppi, via S. Antonio, 12, ore 16,00), questa piccola lacuna, questo microscopico peccato di gioventù, verrà cancellato. La Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano le conferirà infatti la laurea honoris causa in Scienze dello Spettacolo. E il titolo della sua lectio magistralis sarà «Una vocazione storica». Vocazione cioè richiamo, urgenza irrinunciabile, che si dipana nella storia fatta di due dopoguerra e di una guerra, del boom economico, dello sboom economico, e poi degli Ottanta, dei Novanta e ora di questi Duemila che non si è ancora capito dove vogliono andare a parare. Nella sua autobiografia Bugiarda no, reticente (Einaudi) uscita lo scorso autunno, una riflessione a voce alta su ciò che è stato e su ciò che forse sarà, si trovano le sue risposte e le sue domande, in ordine sparso, sul significato di una vita spesa a recitare senza recitare, a essere preoccuparsi di apparire.
E il sipario si alza ancora, sulla signora Valeri, come nel gennaio scorso al «Valle» di Roma, con La vedova di Socrate e Non tutto è risolto, lavoro scritto da lei (ed edito ancora da Einaudi), dove il registro comico duetta con l’assurdo beckettiano, nei dialoghi fra un’anziana signora e una segretaria un po’ nevrotica. Come dire, il tempo andato e quello che bussa alla porta. Come dire, ancora, l’eredità e il testamento dell’arte.
A proposito di arte, Franca Valeri è un nome d’arte. L’anagrafe dice Franca Maria Norsa. Valeri «nasce» negli anni Cinquanta.

Un’amica e compagna di scuola, Silvana Mauri Ottieri, nipote di Valentino Bompiani, stava leggendo un libro di Paul Valéry... Sì, quel Valéry che scrisse questa grande verità: «Una donna intelligente è una donna con la quale uno può essere stupido quanto vuole». Insomma, una donna come Franca Valeri.

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