Smart working, assenze e periodo di prova: ecco le principali novità del DDL lavoro

Dopo due mesi dall’approvazione alla Camera dei Deputati, il 10 dicembre è stato approvato dal Senato senza emendamenti il DDL Lavoro. Ecco alcune delle novità

Avv. Alessandra Maniglio, Head of Employment & Benefit Deloitte Legal
Avv. Alessandra Maniglio, Head of Employment & Benefit Deloitte Legal

Avv. Alessandra Maniglio, Head of Employment & Benefit Deloitte Legal

Lo scorso 10 dicembre, dopo due mesi dall’approvazione alla Camera dei Deputati, è stato approvato dal Senato senza emendamenti il cosiddetto DDL Lavoro, quindi senza modifiche sostanziali alla norma già approvata. Ecco, quindi, una carrellata su alcune delle novità.

Una norma molto attesa con un utile effetto chiarificatore è quella che riguarda il periodo di prova nei contratti a tempo determinato e prevede finalmente una disciplina chiara, introducendo un criterio univoco di periodo di prova “legale”: 1 giorno effettivo di prova ogni 15 giorni di calendario per i contratti a termine. Questo periodo di prova non potrà in ogni caso essere inferiore a 2 giorni, non potrà eccedere i 15 giorni nei contratti fino a sei mesi e 30 giorni tra 6 mesi e 12 mesi. Il concetto di proporzionalità del periodo di prova rispetto alla durata del rapporto di lavoro era già stato introdotto con il cosiddetto “Decreto Trasparenza” dell'agosto 2022. Ferma l'importante tutela per i lavoratori e gli utili spunti per superare problemi interpretativi applicativi il concetto di proporzionalità, restano purtroppo alcuni dubbi interpretativi circa la portata del richiamo alle condizioni più favorevoli eventualmente contenute nei contratti collettivi; si tratta ovviamente solo di previsioni più favorevoli per i lavoratori e probabilmente le previsioni più favorevoli dovrebbero essere quelle di parti di prova più brevi? Su questo non vi è certezza e quindi non si potrà che attendere le prime prassi interpretative e le decisioni giudiziali.

Anche le novità in tema di smart working sono state confermate: ogni datore di lavoro ha una serie di oneri di comunicazione telematica al Ministero legati alla formalizzazione di un accordo di lavoro agile con i propri dipendenti. Entro 5 giorni dall’avvio della prestazione dovrà indicare la data di inizio e di cessazione, ma dovrà comunicare, sempre in via telematica, anche ogni evento modificativo della durata, nonché la cessazione del periodo di lavoro agile, entro i cinque giorni successivi alla data in cui si verifica l’evento modificativo. Per semplificare la gestione di tutti questi oneri di comunicazione e durante la modalità agile, sarà preferibile stipulare accordi a tempo indeterminato con facoltà di recesso, limitando così l'onere di comunicazione ulteriore al solo caso di effettiva cessazione del lavoro agile.

È stata confermata in toto la disciplina dell'assenza ingiustificata equiparata alle dimissioni diretta ad evitare comportamenti opportunistici dei lavoratori che a volte utilizzano l’assenza ingiustificata per ottenere il licenziamento e quindi l’accesso alla Naspi. La nuova norma prevede che, nel caso in cui lavoratore che non si presenti al lavoro senza giustificarsi per un periodo eccedente il termine previsto dal contratto collettivo (nel caso in cui il CCNL non preveda un termine, il periodo di assenza rilevante sarà quello eccedente 15 giorni), il datore di lavoro debba comunicare all’ITL territorialmente competente l’assenza. In tale eventualità, ferma la possibilità per l’ITL di verificare la veridicità della comunicazione, il rapporto di lavoro è considerato cessato per dimissioni. Il lavoratore avrà però la facoltà di dimostrare di non avere potuto giustificare l’assenza per una causa di forza maggiore o per un fatto imputabile al datore. La norma non fornisce dettagli operativi e non sembra lasciare al datore di lavoro la facoltà di attivare un procedimento disciplinare per assenza ingiustificata. L'unico dato che sembra essere certo è che, dopo l'entrata in vigore del Decreto, in caso di assenza ingiustificata prolungata i datori di lavoro si troveranno nella concreta difficoltà di sapere come gestire correttamente tale evento. Non è chiaro se la procedura presso l'ITL sia obbligatoria o se il datore di lavoro possa comunque attivare un procedimento disciplinare per assenza ingiustificata. Non è nemmeno chiaro con che tempi il lavoratore assente ingiustificato potrà eccepire la sua impossibilità di giustificare l'assenza. La norma ha quindi sicuramente un obiettivo condivisibile, ma rischia, purtroppo, di avere un impatto critico nell'operatività aziendale generando dubbi e incertezze.

Un'altra novità portata dal decreto suscita alcune perplessità. Ad oggi il d.lgs. 81/08, il Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro, prevede che un lavoratore che sia rimasto assente dal lavoro per malattia per un periodo eccedente 60 giorni, debba essere sottoposto a una visita medica d'idoneità alla mansione. Si vuole infatti essere certi che al momento del rientro al lavoro non vi siano situazioni che possano esporlo a un rischio sul lavoro per effetto della patologia intercorso durante l’assenza. Il Decreto elimina l’obbligatorietà di tale verifica e lascia al medico competente la facoltà di non visitare il lavoratore prima della ripresa del lavoro, esprimendo così giudizio di idoneità alla mansione specifica senza un effettivo controllo sullo stato di salute e sulla compatibilità dello stesso con la mansione specifica. Questa modifica non è di poco conto. Il datore di lavoro non ha modo di richiedere una visita medica straordinaria e non conosce la patologia da cui è affetto il dipendente appena rientrato al lavoro, che giustamente ha diritto a tutelare la sua privacy. Il rischio che si corre, con l'introduzione di questa modifica è che, venendo a mancare l'obbligatorietà della visita, vi sia una riduzione di tutela della salute del dipendente.

Laddove, infatti, il medico non ritenga effettuare alcun controllo, il dipendente tornerà a svolgere le sue abituali mansioni magari correndo un rischio di una conseguenza sulla sua salute. I datori di lavoro dovranno sicuramente adottare iniziative organizzative interne di sensibilizzazione dei medici competenti per cercare di mitigare questo rischio.

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