Solo una minoranza degli ex percettori del reddito di cittadinanza sta cercando lavoro. Almeno a giudicare dal numero di iscrizioni alla nuova piattaforma ministeriale che dà diritto anche ad un supporto di 350 euro al mese, a condizione che ci si iscriva e ci si impegni a trovare una occupazione. Al momento il numero di domande per il «Supporto per la formazione e il lavoro» è di 51.832.
Poche. Le persone che da luglio ed agosto hanno ricevuto infatti il sms dell’Inps che li informava della cessazione del reddito, perché senza i requisiti previsti dalla nuova legge (più di 59 anni, senza condizioni di fragilità, cioè senza figli minori, persone con disabilità o over 60 nel nucleo familiare) sono quasi 200mila. Per la precisione, nel mese di luglio sono cessati dal reddito 154.507 (età media, 42 anni), ad agosto altre 33.765 (età media 40 anni). Quindi, anche senza contare le altre 17mila persone che stanno ricevendo il sms a settembre, ci sono oltre 188mila persone che hanno avuto tutto il tempo per informarsi anche con caf e patronati per mettersi in pista dal 1 settembre e accedere alle offerte di lavoro e ai corsi di formazione del nuovo Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativo (Siisl) del ministero del Lavoro. Sono le persone che hanno manifestato a Napoli e altrove con striscioni e cori per chiedere un lavoro.
Ecco, il lavoro lì c’è (70mila offerte e 750mila posti di formazione professionale), ma tra gli ex redditisti non c’è affatto la corsa a prenderselo, malgrado ci sia anche un incentivo economico di 350 euro al mese per seguire un corso di formazione. Solo un ex percettore su quattro, finora, si è attivato. Come si spiega? I patronati, cioè i sindacati, dicono che la procedura sul sito del ministero è troppo complicata e molti non riescono a completarla da soli. Un’altra spiegazione parziale è che una parte degli ex percettori non si iscrive perché, tramite i servizi sociali, sta cercando di rientrare nell’altra misura, l’Assegno di inclusione. Una percentuale dei 188mila è sicuramente già stata «presa in carico», e quindi va tolta dal totale, anche se un numero preciso ancora non c’è. Una terza spiegazione è che una parte degli ex redditisti magari in questi due mesi ha trovato un impiego, magari stagionale, e sta quindi aspettando prima di mettersi alla ricerca di altro.
C’è poi una terza spiegazione. Quelli che percepivano il reddito di cittadinanza perché ufficialmente disoccupati, ma in realtà un lavoro lo hanno, anche se in nero. È evidente questi non hanno alcun interesse a iscriversi alla formazione lavoro del ministero, non avendo tempo di seguire un corso a tempo pieno, avendo nel frattempo già un lavoro in nero. La cosa paradossale è che proprio l’Inps, cioè l’ente che eroga i sussidi, a confermare che questa tipologia rappresenta una bella fetta degli ex Rdc. Secondo il Messaggero, l’Inps stima infatti in un 15-20% la percentuale di persone che prendeva il reddito avendo nel contempo un lavoro in nero. Cioè, circa 100mila persone.
Questo spiegherebbe la modesta adesione alle nuove misure per trovare un’occupazione. Altro che «bomba sociale» per la cancellazione del reddito, come strepitano Conte e sinistra. Sarebbe invece la dimostrazione che con il Rdc sono stati spesi miliardi per darli anche a chi non ne aveva bisogno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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