«Con la legge Biagi occupazione da record»

«Abbiamo raggiunto il picco storico di 22 milioni e 651mila lavoratori. Per la prima volta la crescita dei posti è stata superiore al Pil»

Antonio Signorini

da Roma

Sottosegretario Maurizio Sacconi, per la ricorrenza dei due anni dal varo della legge Biagi si sono sentiti quasi solo i bilanci a tinte fosche della Cgil. È vero che questo governo ha fatto aumentare i precari?
«Una valutazione puntuale sulla Biagi ancora non c’è. Ma dall’andamento del mercato del lavoro si può già capire come stanno andando le cose. Tra il ’95 e il 2000 la crescita del Prodotto interno lordo era del 2,1 per cento e quella dell’occupazione era dello 0,7 per cento. Tra il 2001 e il 2005, gli anni del governo Berlusconi, il Pil è cresciuto dello 0,9 per cento, mentre l’occupazione è aumentata dell’1,3 per cento. È la prima volta nella storia italiana che il lavoro cresce più del Pil».
Sono posti precari, poche donne e con il Sud fanalino di coda, come dice il sindacato di sinistra e l’Unione?
«Rispondo di nuovo con i dati. Se confrontiamo il secondo trimestre del 2000 e il 2005 c’è stata una crescita del tasso di occupazione dal 54,4 al 57,7 per cento con un saldo positivo di 589mila lavoratori. Abbiamo raggiunto un picco storico di 22 milioni e 651mila persone al lavoro. Un record, e questo è dovuto in buona parte alle donne che hanno un saldo positivo di 866mila posti di lavoro, maggiore rispetto a quello degli uomini. Buono anche il dato degli anziani con 266mila lavoratori in più e quello del Sud con un saldo positivo di 244mila unità».
Questo non dice molto sulla qualità del nuovo lavoro. A voi del ministero del Welfare non risulta che i posti creati siano tutti atipici?
«In Italia i lavoratori permanenti, quindi a tempo indeterminato, sono l’87,6 per cento del totale. Quasi il 90 per cento, la percentuale più alta di occupati stabili dei Paesi sviluppati».
Forse è un’eredità del passato?
«No, perché il rapporto percentuale tra lavoratori permanenti e quelli a termine è cresciuto dello 0,7 per cento. Cioè in questi anni sono diminuiti i rapporti di lavoro a termine».
Quante sono le famose Collaborazioni coordinate e continuative? La Cgil ha parlato di più di un milione di questi contratti destinati a scomparire.
«L’Istat ci dice che quelli veri sono 407mila. Mi spiego: dai co.co.co bisogna per forza eliminare i dirigenti d’impresa che spesso hanno questo tipo di contratto. Poi bisogna eliminare quelli che già hanno un lavoro dipendente e firmano un contratto di collaborazione. A meno che, per dimostrare che gli atipici sono un’infinità, non si vogliano includere anche i professori universitari che vengono pagati per fare dei convegni o i manager. Queste sono esagerazioni che non aiutano a intervenire a favore di chi ha effettivamente bisogno di essere accompagnato verso un lavoro di qualità».
La legge Biagi ha aumentato la precarietà?
«Ha alzato la contribuzione dal 14 a oltre il 17 per cento, è stato garantito il cumulo dei contributi e sono state introdotte le tutele di maternità e malattia. Poi abbiamo introdotto sanzioni pesanti per quei contratti che si rivelino veri e propri rapporti di lavoro subordinato. Le attività ispettive sono già iniziate da tempo e da gennaio cominceremo una campagna a tappeto».
Pensa che i politici dell’Unione vogliano veramente abolire la legge Biagi?
«La posizione del centrosinistra è di forte contrarietà a tutte le riforme strutturali approvate da questo governo, sollecitate dall’Unione europea e dal Fondo monetario: la scuola, il lavoro, la previdenza e i flussi migratori. Fanno una contestazione radicale perché vogliono conservare l’esistente. Sarebbe un suicidio se questo Paese tornasse indietro su queste riforme».
Ha parlato di immigrati: quando varerete il decreto sui flussi?
«Tra poco tempo. Io spero già al prossimo Consiglio dei ministri. Comunque, proprio grazie alla riforma, lo faremo in tempo utile per i datori di lavoro. Intanto possiamo già dire che saranno fuori quota le alte professionalità e coloro che si sono formati nei Paesi d’origine. Poi daremo priorità ad alcune mansioni specifiche.

Penso alla cura della persona e della famiglia oltre all’edilizia. Dovremo invece comprimere le richieste per il settore manifattutiero dove si sono già creati preoccupanti fenomeni di disoccupazione fra gli immigrati».

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