«Lei deve tornare dal marito» Lite d’onore finisce nel sangue

Stefano Vladovich

da Pomezia (Roma)

Ucciso per una questione d’onore. Si è fatto ammazzare a colpi di forbici per difendere un parente stretto lasciato da una donna. Daniele Fragalà, 24 anni, trasportato in fin di vita davanti alla clinica «Sant’Anna» di Pomezia, vicino Roma, è morto al termine di due disperati interventi chirurgici necessari per arrestare l’emorragia provocata dalle gravi lesioni subìte.
Un delitto assurdo per il quale, nel giro di poche ore, è stato arrestato il presunto responsabile, Nunzio Lombardi, coetaneo della vittima, operaio di Ardea (un centro del litorale romano) e nuovo compagno della donna in questione. Colpi sferrati con ferocia inaudita quelli inferti dal nemico-rivale in seguito a una scaramuccia, l’ennesima, avvenuta mezz’ora prima vicino la pasticceria di famiglia dove il giovane lavorava. A scatenare la follia omicida è stato un calcio sferrato con rabbia da Daniele sull’auto dell’accoltellatore, una Fiat Bravo prestata a un amico per andare a comprare i cornetti caldi dopo la serata passata in discoteca.
Che fra Daniele, appartenente a una famiglia catanese trapiantata da tempo a Torvaianica (vicino Pomezia), e il nuovo compagno della donna precedentemente legata ai Fragalà non corresse buon sangue lo hanno raccontato in tanti, domenica pomeriggio, davanti ai carabinieri di Pomezia e al sostituto procuratore di Velletri, Enrico Sigfrido Dedola, prima che questi spiccasse l’ordine di cattura. «Lo abbiamo fermato nella serata di domenica - spiega il capitano dei carabinieri Germano Passafiume - con l’accusa di omicidio volontario. Abbiamo fatto il possibile per evitare che qualcuno potesse solo pensare di farsi giustizia da sé».
Del resto a Torvaianica erano in molti a conoscere la questione e il nome dell’assassino. I fatti. Dopo una relazione durata anni, e un bimbo conteso, il parente di Daniele cerca in ogni modo di riallacciare i rapporti con la donna di 31 anni. Lei, però, ha già un altro uomo, Nunzio. È Daniele a difendere il rispetto “mancato” a suo cugino. Ogni volta che i due s’incrociano sono occhiate reciproche di odio e disprezzo. Qualche volta volano persino parole grosse. Ma niente di più. «Alle sei e trenta del mattino - raccontano i carabinieri di via Roma - Nunzio, che si era messo alla ricerca di Daniele, lo trova all’angolo fra via Carlo Alberto Dalla Chiesa e via Romania. Il primo grida all’altro di avvicinarsi e spiegare perché, poco prima, aveva danneggiato la sua macchina». Daniele, per nulla intimorito, si avvicina e, addirittura, entra a bordo della Bravo di Nunzio per discutere. In pochi secondi si scatena il finimondo. Secondo l’ipotesi più accreditata, l’operaio afferra un giravite o un paio di forbici, attrezzi che usa per lavoro, e colpisce Daniele in pieno petto. Quando si accorge, però, di averlo quasi ammazzato si precipita a casa di un amico, sempre a Torvaianica, e gli chiede di portarlo in ospedale. Sono le 7 di domenica. Alla «Sant’Anna» di Pomezia si tenta un primo intervento per arrestare l’emorragia all’aorta e al fegato. «La situazione era critica a tal punto - raccontano i sanitari - che abbiamo deciso di trasferire il paziente al San Giovanni di Roma». Qui si tenta un’altra disperata operazione chirurgica ma, alle 6,30 del pomeriggio, il cuore di Daniele cessa di battere.

Lombardi, ancora sotto choc, non ricorda esattamente con cosa l’ha colpito. «Nella sua auto c’è molto sangue - concludono gli inquirenti - e per ricostruire l’esatta dinamica dell’omicidio aspettiamo il risultato degli esami svolti dagli esperti del Racis».

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