Non sempre il tempo è galantuomo, ma con Lelio Luttazzi si sta dimostrando tale, complice l'effetto-volano che solo la televisione riesce a produrre in determinate circostanze. È bastato che Fiorello ospitasse nella sua trasmissione televisivo-radiofonica della domenica sera l'ottantatreenne musicista - ormai relegato a qualche sporadica apparizione rievocativa nei filmati delle teche Rai - per dare il via a una serie di festeggiamenti, interviste, manifestazioni in suo onore, attestati di simpatia e stima, riconoscimenti pubblici culminati in una serata di celebrazioni all'Auditorium di Roma, in un disco pronto in uscita e in un programma televisivo dal sapore di revival Da Trieste per amore (Rai Doc, mercoledì, ore 23). D'improvviso, per uno di quegli strani meccanismi di accensione mediatica prodotti dalla potenza del video, tutti sembrano essersi «riaccorti» di Lelio Luttazzi, versatile artista nonché intrattenitore di gran classe della televisione degli anni '60, nonché conduttore dell'altrettanta fortuntata Hit Parade radiofonica che per anni ha scandito le classifiche dei dischi più venduti. Come è noto a chi non è giovanissimo, Luttazzi cadde poi in disgrazia per una vicenda legata alla droga da cui venne scagionato, ma intanto fu televisivamente «bruciato» e la sua carriera si spense fino a cadere nel dimenticatoio. Per questo è importante che la televisione lo abbia in un certo senso riscoperto, o perlomeno rilanciato all'attenzione generale, regalandogli il contrappasso positivo di una compensazione mediatica quando ancora se la può godere, vivo e vegeto anche se sanamente stordito (come capita alle persone intelligenti) per questo fulmineo e intensivo ripescaggio della sua memoria umana e artistica. Nel corso del programma di Rai Doc, in cui Luttazzi è stato intervistato dal giornalista del Corriere della Sera Paolo Conti, si sono sentite le testimonianze di personaggi vecchi e nuovi della nostra tivù, da Antonello Falqui a Pippo Baudo, Lina Wertmuller, Gianni Morandi, Renzo Arbore, tutti prodighi di aggettivi in suo onore che di solito vengono riservati solo ai necrologi e di cui è difficile tenere l'elenco completo: elegante, simpatico, amabile, disincantato, spiritoso, professionale, poliedrico, non stereotipato. Marcello Marchesi, autore e umorista che lavorò nella rimpianta televisione di cui fece parte Luttazzi, coniò un bellissimo aforisma esistenziale: l'importante è che la morte ci colga vivi.
Parafrasandolo, e prendendo spunto dalla messe di omaggi che vengono dedicati a Luttazzi, si potrebbe dire che l'importante è che le celebrazioni ci colgano vivi. Non è mai facile, ma al buon Lelio Luttazzi sta capitando e con pieno merito. Evviva il tempo che si dimostra galantuomo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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