L'Empire è verde. Il re dei grattacieli ora vive di vento

Figlio della Grande Depressione sopravvissuto all'11 settembre il simbolo di New York ha cambiato faccia: adesso è high tech ed ecologico

L'Empire è verde. Il re dei grattacieli ora vive di vento

Da tanti anni non è più il più alto ma resta sempre il più famoso, un gigante solitario e mezzo vuoto infilato come una freccia nel cuore della Grande Mela. A 90 anni dal battesimo, era il primo maggio del '31, festa del Lavoro, è a suo modo un sopravvissuto, alla Grande Depressione che gli ha fatto da madre, alle gemelle più giovani del World Trade Center, più lunghe di lui di trentacinque piani, cadute l'11 settembre e alla pandemia da Covid che, suo malgrado, ne ridisegnerà il futuro. Ha rischiato di morire allo stesso modo delle sorelle quando, a guerra appena finita, un bombardiere B-25, perso nella nebbia, andò a incastrarsi contro le finestre del settantanovesimo piano. Morirono in quattordici. Un ascensore, per l'impatto, precipitò per 45 piani fermandosi prima di sfracellarsi: i due a bordo sopravvissero anche al terrore. Una specie di sinistro presagio.

È stato molte cose il vecchio Empire: il simbolo di un'America sempre alla ricerca di nuove frontiere, l'ultima trincea di King Kong che combatte con il biplano in una delle scene più iconiche del cinema hollywoodiano, la linea di confine tra la vita e la morte per decine di suicidi e, in ogni caso, il padre di tutti i grattacieli. Empire State, che è anche il nome dello Stato di New York, richiamava più l'idea di grandezza globale che di potenza imperiale, ma era figlio della miseria e della disperazione, guardava negli occhi il cielo per non piangere abbassando lo sguardo sui marciapiedi. Cominciarono a costruirlo, all'incrocio fra la Quinta Avenue e la 34esima Strada, quando il crac di Wall Street del '29 era diventato uno tsunami che spazzava via l'economia: mentre centinaia di manovali sospesi nel vuoto, europei e pellerossa, edificavano mattone su mattone i 102 piani lo skyscraper Art Déco più alto e famoso del mondo, pochi isolati più a nord, Central Park era l'inferno in terra, il rifugio ultimo di disoccupati e senzatetto, con le loro file infinite e disperate alle mense dei poveri, davanti ai manifesti che celebravano sorridente l'«american way of life». Il giorno del battesimo ad abitare i 254.000 metri quadri dell'Empire c'erano solo una ventina di persone e quella freccia lanciata verso il cielo sembrò peccare di presunzione come la Torre di Babele. Il gigante nato per testimoniare la corsa infinita del progresso verso l'abbondanza, vivacchiò per anni in perdita, ammirato come belvedere di una città che in quegli anni amari guadagnava a essere vista dall'alto piuttosto che dal basso.

Alfred E. Smith, governatore dello Stato di New York prima di Franklin Roosevelt, volle che l'Empire, come racconta il Washington Post, fosse come un faro nella notte, sempre illuminato anche nei tempi più bui, anche se gli uffici restavano desolatamente vuoti, per trasmettere fiducia sulla rinascita della Grande Mela e della nazione tutta. Così da Washington il presidente Herbert Hoover schiacciò un bottone e la luce, accecante, illuminò l'ingresso del palazzo, la nuova meraviglia del mondo che rubava alla Torre Eiffel il record dell'altezza e del tempo, visto che per costruirlo bastarono solo un anno e quarantacinque giorni, poco meno di 41 milioni di dollari e il sudore della fronte di 3.400 operai.

Disegnato in due settimane dall'alto verso il basso dalle mani esperte dell'architetto William Lamb, l'Empire con i suoi 102 piani, 443 metri di altezza compresa l'antenna-pinnacolo, i suoi 73 ascensori, le sue 6.500 finestre e le 57mila tonnellate di acciaio usate solo per costruirne lo scheletro, offre sempre con i suoi due balconi-osservatorio, uno all'86esimo piano, l'altro al 102esimo, la veduta più straordinaria di Manhattan, che si allunga nelle giornate più limpide fino al Connecticut, al New Jersey e al Massachusetts. Nessuno può dire di aver visto New York se non l'ha guardata da lassù.

Ma ogni ora ha il suo fascino, forse quella più emozionante, veramente magica è quando, scivolando dal pomeriggio nella sera, le basse rossastre case di Brooklyn oltre l'East River ardono un'ultima volta ai raggi del sole che tramonta nel New Jersey, mentre nei canyons in ombra di midtown e di downtown si accendono le prime luci.

Ieri come oggi l'Empire, maestoso come l'albero maestro di una nave, non spegne mai le sue luci, semmai cambia colori: lo ha fatto per celebrare i first responder, i medici e gli infermieri in prima linea durante l'emergenza Covid, si è illuminato di blu per sensibilizzare l'America sull'autismo e di verde per sostenere il Global Greening. Un gigante sempre in piedi anche se zoppo perché il lockdown ha picchiato duro proprio sull'edilizia per uffici, moltiplicando bancarotte e fallimenti.

Ma l'Empire lavorava da anni per cambiare faccia, per diventare acqua e sapone sposando la causa ambientalista, non solo per ragioni di marketing ma anche per le choc provocato dall'uragano Sandy che quasi dieci anni fa mise in ginocchio Manhattan. Ecco allora gli ascensori che generano energia muovendosi, l'illuminazione con tecnologia Led che risparmia elettricità, le finestre isolanti che abbassano l'impatto dell'aria condizionata e del riscaldamento.

Il progetto di rinnovo dell'Empire è costato 165 milioni di dollari, ma adesso per un decennio il re dei grattacieli sarà alimentato da energia rinnovabile, soprattutto eolica, riducendo le emissioni di Co2 di 200mila tonnellate, che è come risparmiare l'inquinamento prodotto da tutti i taxi di New York City per un anno . La filosofia è chiara: perché limitare il traffico per contenere l'inquinamento se non si può frenare l'impatto ambientale dei grattacieli? Prima del lockdown l'Empire aveva speso quasi seicento milioni di dollari per farsi il lifting e offrirsi ai visitatori con nuove esperienze multimediali. Un nonno con il passo da Millennial.

Mentre tra la settima Avenue e la 33esima strada un

nuovo gigante dei cieli, il Penn 15, si prepara a nascere per strappargli lo scettro di punto più alto di New York, l'Empire State Building traccia ancora la rotta per tutti. Più terra terra che con la testa tra le nuvole.

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