Nessuno scrupolo. Nessun impaccio. L'ipocrisia è un termine che Gianfranco Fini disconosce. Non importa se ieri criticava aspramente la figura che oggi celebra. E' acqua passata, quella. La morte di Oscar Luigi Scalfaro livella ogni incoerenza, ogni cambio di opinione. E così, in Aula, l'ex presidente della Repubblica, morto all'età di 93 anni, diventa "un padre della nostra Repubblica". Parole del presidente della Camera, che ha ricordato lo scomparso Scalfaro, sottolineando che "ha sempre mostrato un forte impegno a difesa della centralità del Parlamento".
Gli elogi continuano. "Sempre si è speso in difesa della Repubblica fondata sulla Costituzione. La sua integrità morale è stata di riferimento non solo per i cattolici. Ha ricoperto con rigore, competenza e autorevolezza, durante l’intero arco del suo impegno politico, le più alte cariche istituzionali".
E, dulcis in fundo, "con Oscar Luigi Scalfaro scompare uno dei principali protagonisti della vita politica e istituzionale dell’Italia repubblicana, un esempio di coerenza ideale e di integrità morale".
Coerenza e integrità, appunto. Peccato che ai tempi del famigerato ribaltone del 1995, l'allora segretario di Alleanza Nazionale sciorinasse parole al vetriolo nei confronti di "uno dei principali protagonisti della vita politica e istituzionale dell'Italia repubblica".
Parole e dichiarazioni come questa: "In caso di ribaltone ci sarà un duro scontro politico che investirà anche il capo dello Stato, perché sarebbe uno dei coautori del golpe bianco". E poi ancora, Fini attaccava l'eventuale "governo del presidente", considerato "un insulto agli elettori", definiva "indecente" il comportamento di Scalfaro e lo accusava di aver "violentato la Costituzione". Nel 1995 incolpava il Colle di aver disatteso i patti: "Le elezioni a giugno erano la soluzione naturale e concordata all’atto dell’incarico a Lamberto Dini per un governo di breve emergenza".
Tornando indietro nel tempo, il Fini del Movimento sociale italiano nel 1992 si scagliava contro l'ipotesi di Scalfaro al Quirinale perché incarnava il "simbolo della conservazione, la vestale di un sistema". Insomma, erano tempi in cui non correva proprio buon sangue tra lui e Scalfaro. Ma oggi è tutto diverso. Oggi Fini siede sull'auotrevole scranno più alto di Montecitorio e da presidente della Camera non si esime dal celebrare il presidente emerito.
Una commemorazione che però ha scatenato la contestazione di alcuni esponenti del Pdl e della Lega che, a sentire le parole e l'ipocrisia di Fini, hanno lasciato l’Aula.
Nell’Emiciclo sono rimasti una sessantina di deputati, mentre tra i banchi della Lega erano presenti una decina di leghisti. Insomma, il ribaltone del pensiero di Fini non è piaciuto al Pdl né ad alcuni esponenti della Lega.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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