Milano - «Non sono alla ricerca di Vip, né voglio fare la lista dei famosi. Diciamo piuttosto che l'identikit del candidato per le mie liste, è quello di una persona che ha voglia di fare politica senza per forza essere un generale, un colonnello o un tenente. D'altra parte è importante, oggi come non mai, assegnare spazio e peso alle donne e ai giovani, che sono i panda della politica. Il Partito democratico che ho in mente dovrà attingere da quattro affluenti: i militanti dei Ds, quelli della Margherita, tutti coloro che si riconoscono nello spirito ulivista e quelle persone che, al momento, sono fuori dalla politica».
Tutto qui? Sì, tutto qui. Perché è un Enrico Letta che si potrebbe definire democristianamente abbottonatissimo, quello che ieri si è presentato a Milano. Il giorno dopo aver sparato a zero contro il suo avversario nella corsa alla leadership, Veltroni, ipotizzando un suo «uso clientelare e scorretto» degli elenchi dei 4 milioni di elettori di sinistra che nel 2005 parteciparono alle primarie per Prodi, innestando una fin troppo prudente retromarcia si dice «grato e soddisfatto» delle spiegazioni ricevute che «dissipano ogni dubbio», perché «è utile chiarire che quegli elenchi non si possono usare». E, al solo sibilare nell'aria del cognome del sindaco di Roma, si ritrae e sguscia dalla mischia con la più inedita e sconvolgente delle battute: «Parlo solo della mia candidatura». Tanto che la battuta più velenosa preferisce riservarla a Silvio Berlusconi: «Dobbiamo riprenderci la libertà che, per dodici anni gli abbiamo concesso. Questa è l’ultima occasione per il centrosinistra, attraverso il Partito democratico, di riconquistare Milano e la Lombardia».
Da qui «l’esperimento» come lui stesso l’ha definito, del 10 settembre, presentato ieri a Milano dal giovane leader della Margherita. «In quella data - ha annunciato Letta - si terranno infatti le pre-primarie per l’elezione dei candidati della lista che mi sosterrà in questa corsa elettorale per la guida del Partito democratico». «Le pre-primarie del Collegio 1 hanno - ha tenuto a sottolineare Enrico Letta - una doppia importanza perché è il collegio emblematico di Berlusconi, per cui mi piacerebbe che Milano diventasse un laboratorio politico in una logica di apertura delle liste, per una campagna elettorale trasparente». L’obiettivo del candidato leader, contrario alle liste bloccate, è «che oltre il 50% dei capilista sia composto da persone esterne ai partiti».
E, a proposito di Milano, Letta si è detto ieri convinto della necessità di un Partito democratico che si concentri sul Comune e di un Pd che si occupi della Provincia perché «ci sembra che una scansione che mantenga l’autonomia di Milano Comune rispetto a Milano Provincia sia assolutamente preferibile, piuttosto che non far distinzione tre due realtà che hanno dinamiche specifiche».
Per il resto, ovvero sui fronti caldi delle polemiche di questi giorni è stato, come dicevamo, tutto un susseguirsi di «no comment»,e di «non leggo le agenzie». Colpa forse dell’intesa giornata di impegni che ieri ha assorbito, fin dalla mattinata, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Che, di buon ora ha inaugurato e sorvolato assieme al governatore del Veneto, Galan, il primo tratto del passante di Mestre.
Tornato sulla terra è forse proprio a Mestre che Letta ha fatto ai giornalisti la dichiarazione più «forte» della giornata: «Sono sempre stato convinto della bontà dell’opera. Vederla dall’alto ha rafforzato la mia idea».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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