Si tratta di una vera e propria gemma: è il «Dialogo sul commercio internazionale e i dazi doganali» che apre il volume Epicarmo Corbino e le delizie del protezionismo (IBL, pagg. 240, euro 14; a cura di Roberto Ricciuti) che raccoglie tutti gli scritti dell’economista italiano Epicarmo Corbino (1890-1984). Non che gli altri testi valgono meno. Ma il «Dialogo» è semplicemente geniale. Siamo nel campo dell’economia, e più precisamente in quella del commercio internazionale.
Corbino pensa bene di inventare una messa in scena in cui intorno a un tavolo si raggruppano otto personaggi: l’economista, ovviamente, il senatore in pensione, il deputato socialista, il giornalista, l’agrario, l’impiegato e l’industriale. Insieme vogliono ragionare sui vantaggi e gli svantaggi del commercio internazionale e soprattutto sulla necessità o meno dei dazi per frenare qualche industria che complica la vita all’economia nazionale. Corbino non dà per scontato nulla e parte sin dall’inizio con le definizioni di quello che sono il commercio e la divisione del lavoro internazionale e i vantaggi comparati dell’economia classica.
Ma state attenti: tutto questo è fatto con la semplicità di un fumetto e con la possibilità di comprensione anche da parte di coloro che non sono addetti ai lavori. Passo per passo l’economista vi porta a comprendere gli strumenti base dell’economia classica: «Poiché ogni scambio determina un aumento di utilità in coloro che lo effettuano, ciò vuol dire che la somma degli scambi di due Paesi procura a ciascuno di essi una utilità per lo meno uguale alla somma delle utilità ricavate da quelli fra i loro componenti che hanno effettuato gli scambi. Poiché si ammette che gli uomini agiscono, dal punto di vista economico, per procurarsi la massima utilità, si deve credere che il vantaggio derivante da una massa di scambi liberamente eseguiti, sotto l’azione delle leggi economiche, sia il massimo consentito in un’epoca determinata ed in date condizioni».
Corbino, come scrive nell’ottima introduzione Roberto Ricciuti, è un’autodidatta e grazie a maestri del calibro di Luigi Einaudi è diventato uno dei più influenti liberali del dopoguerra. Nonostante, come molti liberali, inizialmente sottovalutò la portata del fascismo pensando che potesse stabilizzare l’Italia dai rischi bolscevichi (in questo aspetto la biografia del libro fa una ricostruzione diametralmente opposta), nonostante ciò, nel dopoguerra non solo fece il ministro del Tesoro del primo governo De Gasperi ma ebbe importanti ruoli pubblici. Le sue lezioni sono semplici ed efficaci.
E come nota Ricciuti in un periodo come l’attuale in cui si parla diffusamente di dazi, possono essere anche utili per comprendere meglio meccanismi economici che si danno per scontati, ma che evidentemente non lo sono.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.