Il politicamente corretto è la nuova Inquisizione

Nel suo nuovo saggio, Bassani svela le origini storiche e il presente aberrante in cui chierici zelanti puniscono chi contesta i dogmi.

Il politicamente corretto è la nuova Inquisizione

Fino a pochi anni fa quando si evocava la questione della tolleranza era in riferimento al mondo extra-occidentale: al fatto che ancora oggi, in talune aree, abbiamo regimi comunisti oppure fondamentalisti che perseguitano quanti non seguono in tutto e per tutto le indicazioni degli ayatollah o dei leader politici. Il recente volume di Luigi Marco Bassani, Tolleranza (Liberilibri), sottolinea come la scena sia molto cambiata e come si assista nel nostro universo a un processo che sta poco alla volta conducendoci verso quello che l'autore definisce un totalitarismo soft. D'altra parte, Bassani ha vissuto in prima persona un'esperienza significativa al riguardo, dato che è stato sospeso dal suo ateneo ed è stato sottoposto a un vero e proprio linciaggio mediatico per il semplice fatto di avere condiviso su Facebook un «meme» critico sulla spregiudicatezza con cui la seconda personalità politica più potente al mondo, Kamala Harris, ha costruito il suo cursus honorum. In ragione del fatto che la Harris (come Maria Antonietta, Margaret Thatcher o Nicole Minetti) appartiene al genere femminile, la semplice condivisione di giudizi non lusinghieri nei suoi riguardi è stata sufficiente ad allestire una ridicola quanto spietata macchina persecutoria. Nel volume la riflessione di Bassani ha un profilo storico: mostra come spesso le minoranze si siano trovate nell' impossibilità di esprimersi, e come in qualche circostanza mutati i rapporti di forza siano però diventate a loro volta oppressive. Ma la riflessione è soprattutto sul rapporto tra il concetto di tolleranza e il potere dello Stato, perché una delle tesi forti di Tolleranza è che l'accettazione delle diverse confessioni soprattutto dopo le guerre di religione è da leggersi all'interno di un percorso che ha portato al trionfo di altri dogmi: stavolta non religiosi, ma politici. È insomma lo Stato moderno che, anche al fine di depotenziare il prestigio della fede cristiana e collocare la religione ai margini della scena, ha alzato la bandiera di una (limitata) libertà di pensiero sulle questioni riguardanti Dio, sempre a condizione che nessuno osasse più alzare obiezioni in tema di rispetto della legalità, ossequio ai potenti e fedeltà fiscale. L'intera vicenda che ha portato alla libertà di pensiero, d'altra parte, è tutt'altro che lineare e priva di equivoci. Il termine stesso «tolleranza» rinvia all'atteggiamento di chi, detenendo il potere sovrano, «sopporta pazientemente che alcuni sudditi abbiano credenze religiose devianti». E oltre a ciò in varie circostanze s'è imposto il tema, al centro pure di alcune considerazioni di Karl Popper, della difficoltà a tollerare gli intolleranti: il che ha spesso condotto a una prospettiva non soltanto viziata da questioni ideologiche, ma anche segnata dalla presunzione di chi si ritiene ancor prima che ognuno apra la bocca di stabilire dove stanno il torto e la ragione. Oltre a ciò, è fuori di dubbio che il «politeismo» culturale e religioso della modernità è stato in larga misura reso possibile dal «monoteismo» politico: dal trionfo dello Stato. È stata una sorta di astuzia della ragione, lascia intendere Bassani, che a un certo punto della vicenda europea ha condotto i detentori del potere sovrano a liberalizzare il teatro del confronto religioso al fine di depotenziare tutto ciò che avrebbe potuto contrastare le ambizioni illimitate del Leviatano. Il testo si chiude con un'analisi spietata della realtà presente, segnata dalla violenza di un nuovo spirito intollerante. Riflettendo su come i margini del confronto e della ricerca intellettuale si stiano drammaticamente restringendo, Bassani mette in risalto alcune cose fondamentali. Innanzi tutto, è chiaro che la Nuova Inquisizione riguarda coloro che professori, giornalisti, politici e altre figure pubbliche intervengono all'interno della discussione generale: siamo di fronte al «disciplinamento dei chierici da parte dei chierici». Ne risulta un mondo diviso in due, nel quale i più in linea di massima possono esprimersi come vogliono, ma questo non è consentito sulla base di una pedagogia bigotta a quanti hanno una qualche visibilità e possono incrinare una certa «egemonia». Otre a ciò, l'intero sistema si regge su supposte evidenze che nessuno è autorizzato a contestare. L'elenco dei nuovi dogmi è lungo, ma certo include principi più o meno consolidati all'interno delle aristocrazie dell'Occidente: l'idea che il riscaldamento globale sia di origine antropica, che l'uomo bianco ed eterosessuale sia colpevole di quasi ogni nefandezza, che sul pianeta si sia troppi, che il genere di ognuno di noi non sia definito dalla nascita e dalla biologia, che di fronte a ogni virus il potere sia legittimato a procedere ad arresti domiciliari generalizzati, che la tassazione sia bellissima e l'uso del contante vada avversato, e via dicendo. Da conoscitore delle questioni americane (e dagli Usa ci viene ormai qualsiasi cosa di rilievo, nel bene e nel male: compresa, naturalmente, l'ideologia del politically correct), Bassani sottolinea come al cuore dell'intolleranza contemporanea che pretende di dettare le modalità e i contenuti di ogni comunicazione vi sia, in larga misura, la filosofia politica del multiculturalismo, intesa come una costante lotta dei poteri pubblici contro ogni forma di diseguaglianza di gruppo, culturale, economica, simbolica e via dicendo. Gli intellettuali progressisti del Nord America hanno deciso che un secolo dopo la fine della schiavitù statunitense l'umanità bianca dovesse avviare un cammino di autopurificazione, che doveva avere come punto di partenza la consapevolezza che questa porzione del genere umano era colpevole di ogni malvagità compiuta nella Storia. Una serie di detriti culturali del marxismo ormai reinventatisi grazie a genderismo, ecologismo, terzomondismo ecc. hanno abbandonato al loro destino il proletariato occidentale, trovando nuovi sfruttati da proteggere ed elaborando un inedito catechismo civile che costruisce «una censura a monte di ogni pensiero espresso o addirittura abbozzato in silenzio». Il cinismo dei ceti egemoni e il conformismo di quello che in George Orwell è chiamato il «partito esterno» hanno così buttato nella spazzatura alcune grandi conquiste: a partire dall'idea (ben chiara ai padri fondatori degli Stati Uniti) che una cosa sono gli atti linguistici e tutt'altra le azioni violente e aggressive. Di conseguenza, la libertà di espressione è stata cancellata. Ma se instaurare un regime sovietico è un crimine, bisognerebbe continuare a difendere in tutti i modi la libertà di stampare i volumi di Karl Marx e (per chi lo vuole) pure di propagandarne le idee.

Fortunatamente l'ideologia del politicamente corretto è un'assurda rivolta contro la natura che si costituisce intorno a paradossi insuperabili. C'è però bisogno di testi coraggiosi come questo perché le nebbie si diradino e si tornino a rivendicare quelle preziose libertà ormai in larga misura perdute.

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