"Krass" di Martin Mosebach: tra narcisismo e illusione del potere, la magia di una scrittura che incanta

Torna nelle librerie italiane Martin Mosebach, raffinato e apprezzato scrittore tedesco di romanzi, saggi e libretti d’opera. Lo fa con il romanzo “Krass”, tradotto da Matteo Galli, con la prefazione del germanista Vito Punzi (Edizioni Medhelan, pagine 496, €32). Krass è il nome del protagonista, emblema di un cinico e potente narciso la cui parabola esistenziale Mosebach descrive con inusitata maestria, attraverso il suo caratteristico ricamo di immagini e sentimenti, senza mai cedere alla tentazione di una scrittura piatta e distaccata. Autore consacrato dalla critica in patria, Mosebach, dichiaratamente cattolico, è noto in Italia, più che l’opera narrativa dalla nobile impronta novecentesca, per il suo famoso saggio “L’eresia dell’informe” (Cantagalli, 2009), in cui analizzava le storture della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II. Con Krass, ambientato fra Italia, Francia ed Egitto, Mosebach si rivela ancora una volta acuto scandagliatore dell’animo umano, mettendo in scena un carattere sempre più diffuso nella contemporaneità, dove all’illusione del potere -in tutte le sue forme-, segue ineluttabile la nemesi della mutevole sorte dell’uomo.

"Krass" di Martin Mosebach: tra narcisismo e illusione del potere, la magia di una scrittura che incanta
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Una grande barca portò la compagnia fino a Capri. Tutti avevano spazio a sufficienza per distendersi su panche e sedie a sdraio; chi temeva il sole, come i coniugi Rizzi, trovò comodi divani in cabina. Un cameriere in guanti bianchi serviva succo d’arancia, ma anche vino bianco in bicchieri ghiacciati, un giovane con i riccioli neri e la pelle molto chiara. Il signor Krass aveva dato disposizioni di rallentare un po’, perché la barca sbatteva sull’acqua, il che faceva sciaguattare il vino nei bicchieri, e poi c’era un buffo cigolio; possibile che gli desse fastidio. Si era sistemato su un materasso a prua, in una splendida solitudine che nessuno osava disturbare. Lidewine era talmente assorta a chiacchierare con Madame Lecœur-Jouët che probabilmente nemmeno si chiedeva che fine avesse fatto. Il vento gli soffiava sul viso, i folti capelli grigi svolazzavano, le rughe e le rughette si distendevano, e Krass ringiovaniva. La traversata per mare era un modo adeguato di viaggiare, un evento in sé, indipendente dalla destinazione. Dal balcone dell’albergo era ben visibile la celebre sagoma di Capri, i due monti, il Monte Tiberio più basso e il Monte Solaro più alto, con la sella in mezzo, su cui si estendeva il paese di Capri, e poi la lunga linea digradante del Monte Solaro verso l’altro versante, dove si trovava Anacapri. Da lì l’isola sembrava a portata di mano, ma ora bisognava attraversare tutto il golfo per raggiungerla, perché si trovava alla fine della baia, di fronte a Capo Miseno.

Krass_Mosebach

Il viaggio li portò a costeggiare vecchie città dai nomi risonanti che ricordano l’antichità, Castellammare di Stabia, Torre del Greco, Torre Annunziata, adesso fuse in un unico insediamento di cemento, ma ancora immaginabili da una notevole distanza come una terra beata, fatta di giardini e palazzi, di fronte al massiccio del Vesuvio. La foschia crescente contribuiva da par suo a dare profondità e lucentezza alla veduta costiera. Non ci vuole molto per sentirsi un conquistatore del mondo in uno scrosciante viaggio sull’acqua, un Argonauta o un normanno, che devasta e fonda città, sconfiggendo mostri e depredando. E il signor Krass, controvento, si abbandonava a fantasticherie che su quella barca non voleva dividere con nessuno. Certamente non con Lidewine, anche perché c’era un po’ di malcontento nell’aria. Non che nutrisse dei dubbi in merito alla decisione di attirarla nella sua cerchia, no, nient’affatto, non sarebbe stato nel suo stile. Coloro che erano stati trascinati nella sua orbita e avevano ceduto alla sua attrazione dovevano restarci, fino a contrordine. Guardando le relazioni che lo circondavano, si sarebbe addirittura potuto parlare di una forma di fedeltà da parte sua, e questo in un senso molto ampio. Preferiva maltrattare qualcuno piuttosto che ripudiarlo. Probabilmente al ripudio lui non credeva. Non si trattava affatto di sbarazzarsi delle persone ma, al contrario, di tenersele strette, ciò che al contempo finiva per essere una prova di forza.

L’altra persona poteva comportarsi in modo ingrato e persino sleale, ma questo non gli dava affatto il diritto di decidere del suo rapporto con Ralph Krass. E tutti lo imparavano in fretta, anzi sapevano segretamente che da lui non c’era scampo, ciò corrispondeva quanto meno alla sua esperienza del mondo.

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