Se le fatiche di Ercole ci parlano ancora

Prima delle prove c'è il momento di crisi. Quello in cui l'eroe (e pure l'uomo) deve scegliere chi è. Fino all'ultimo giorno della sua vita

Una illustrazione tratta dal libro "Le dodici fatiche di Ercole" (Passaggio al Bosco)
Una illustrazione tratta dal libro "Le dodici fatiche di Ercole" (Passaggio al Bosco)
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Prima delle fatiche, dodici come racconta il mito, c’è la crisi. Quel momento che colpisce ogni uomo. Quel momento che può distruggerci o farci rinascere a vita nuova. La crisi, come suggerisce la stessa parola greca, è un'opportunità e, come tale, va colta. Essa colpisce tutti, anche Ercole, il figlio di Zeus. Ercole, l’uomo che diventa dio.

È lui che, adolescente, si trova davanti a un bivio. Da una parte c’è una donna bellissima, sensuale e seducente. La sua pelle è coperta solamente da un velo leggerissimo, che mostra tutto. O quasi. È la Voluttà. Il piacere. La vita facile. Dall’altra, invece, c’è un’altra donna. Indossa delle vesti austere e, con il dito, indica una via, che è vita, in salita. È la Virtù. Ercole sta lì, seduto su una roccia, nella bellissima illustrazione di Annibale Carracci. È nudo. E pensa. È la crisi. Il bivio. La scelta.

Alla fine, il figlio di Zeus sceglierà la strada in salita, quella della Virtù. Quella del bene. Che costa e necessita il sacrificio, il rendere sacro. Perché vivere davvero, alla fine, significa consumarsi, accettando la morte come compagna quotidiana. È così che Ercole si incammina verso le sue proverbiali dodici fatiche, che ora sono state riproposte, in un arrangiamento per ragazzi, nella bella versione scritta da Anne-Laure Blanc e illustrata da "Willy" per le edizioni Passaggio al Bosco (Le dodici fatiche di Ercole, 12 euro). È l’eroe a parlare in prima persona. E non può essere diversamente visto che il coraggio parla solo alla prima persona singolare. “Me, io. È da qui che bisogna cominciare, dal faccia a faccia interiore, ma non per impantanarsi, ma per riprendere lo slancio”, scrive Francois Bousquet in Coraggio. Manuale di guerriglia culturale (Passaggio al bosco). E così Ercole parla. Dice chi è, sia presso i greci sia presso i romani. Racconta della sua famiglia e, soprattutto, delle sue imprese. Che non sono solamente fisiche, ma anche, e soprattutto, di cuore. Anzi: di carattere. Servono a tirare fuori il meglio di sé in termini di forza, di coraggio, di astuzia. In una parola: di virtù.

È attraverso queste prove che l’eroe riesce a conquistare l’Olimpo. Per farlo, però, deve scendere fin nell’abisso degli inferi per poi risorgere. E diventare un uomo nuovo. Consapevole di non aver concluso la propria missione: “Terminate queste dodici imprese, Euristeo mi ha lasciato libero, ma le mie avventure non sono ancora finite”.

Come il cavaliere inesistente di Italo Calvino, che può scoprire il proprio nome, il proprio io, solo al termine della propria vita. Quando ogni istante è stato vissuto. Quando si è deciso chi si vuole essere. Ercole, dunque. L’eroe che è stato. E che oggi, anche grazie a libri così, potrebbe tornare. Ce n’è un gran bisogno.

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