LETTERE CATTOLICHE Non confondiamo la persona con i gruppi di persone

La conferma della veridicità della dottrina sociale della Chiesa non sta nella dottrina cristiana, ma nella realtà. Leggo l'ultimo numero (dicembre 2006) della rivista trimestrale Atlantide, e mi colpisce il titolo, che a tutta prima sembrerebbe scontato: «La persona, soggetto dello sviluppo». In realtà esso contiene due termini il cui significato si va perdendo. L'editoriale, a firma di Giorgio Vittadini, chiarisce efficacemente il senso della parola «sviluppo», che oggi viene confusa con un'altra, del tutto diversa: «crescita». La fissazione di molti, che identificano lo stato di salute di un paese dal suo Pil, ci parla di un pericoloso abbassamento della guardia di fronte a una sfida che è culturale non meno che economica.
Già Paolo VI, quarant'anni fa, nella Populorum Progressio, definiva lo sviluppo «il nuovo nome della pace». La sfida culturale chiama in causa anche il primo dei due termini che incontriamo nel titolo della rivista: «Persona». Di norma, noi usiamo questa parola come una specie di premessa, di dichiarazione di principio: siamo occidentali, dunque prima di tutto tuteliamo i diritti delle persone. Quanto, poi, alla prassi, compresa quella sociale, le cose vanno molto diversamente. La tutela oggi non riguarda più la persona come tale, che anzi viene sempre più scopertamente usata per ogni fine: dall'aborto alla carne da cannone di Saddam (pace all'anima sua) alla normalità, ahimè, dei rapporti di lavoro.
Al posto della persona esistono i «gruppi», ossia aggregazioni definite socialmente e non ontologicamente, che possono pagarsi avvocati, esprimere una rappresentanza anche parlamentare, oppure armare eserciti: padani, gay, cicloamatori, e così via. Non sto criticando nessuno. I «gruppi» organizzati esistono dal tempo delle Trade Unions, e va benissimo così. Sto dicendo che la difesa della persona e delle sue esigenze fondamentali è tutt'altro che scontata, a partire da noi stessi. È come se una confusione di valori e di prassi avesse reso questo concetto a un tempo del tutto ovvio e del tutto astratto.

Ripartire dalla persona per considerare lo sviluppo del pianeta è essenziale. Tutto il contributo dell'Occidente al mondo si può riassumere in questa parola. Smarrito il suo senso, non ci resterebbe che consegnare le nostre braccia alle economie emergenti e il nostro cuore all'oblio.

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