È morto, aveva 15 anni e ieri mattina è stato difficile trovare le parole giuste per parlare ai suoi compagni. Dario, non cè più, raccontano che il suo giovane cuore non ha mai fatto capricci e allora a stroncarlo sarebbe stata una maledetta canna. Uno spinello magari «imbottito» di droga pesante.
Mancano pochi minuti alle otto, lora dinizio delle lezioni: arrivano gli studenti. Molti sono in scooter e aprono il gas. Sono senza casco, le marmitte fanno un rumore bestiale. Entrano, i cancelli sono subito sbarrati. La scuola è in mezzo a parecchio verde: non le hanno mai dato una mano dintonaco. Una scuola difficile, un ambiente critico, una realtà davvero cruda. Gli insegnanti non aprono bocca, e vorrebbero che la stessa cosa la facessero i loro ragazzi.
Al Gadda, gli uomini della guardia di finanza sono entrati parecchie volte e spesso hanno trovato sostanze stupefacenti segnalando alla prefettura giovani con in tasca hashish, probabilmente pure cocaina e qualche dose di crack.
Dal comando dei finanzieri, che dista solo un paio di chilometri dalla scuola della tragedia, fanno sapere particolari inquietanti: la droga saltava fuori delle intercapedini delle aule, si trovava nascosta nei corridoi, nelle sale riunioni, nei bagni. E i controlli: difficili con solo quattordici bidelli, che fanno i turni e un migliaio di studenti da tenere sottocchio. Arriva il signor Alberto, ha 53 anni e pochissimi dubbi. È il papà di un compagno del povero Dario. Con le mani tormenta un mazzo di chiavi: «Oggi è sbagliato fare lezione come se nulla fosse accaduto. I nostri ragazzi non possono ascoltare le lezioni dei docenti. Non accadrebbe nemmeno in Afghanistan». Entra con il figlio. Dieci minuti dopo torna sul piazzale: «Per i miei valori della vita e sul mondo della scuola non me la sono sentita di lasciare mio figlio in classe».
Cè Santina, la mamma di Elisa, anche lei della I A, punta lindice contro i genitori «perché dovrebbero essere più presenti seguire con maggiore attenzione i ragazzi. Parlare con i professori vedere cosa succede nella scuola». Sì, perché racconta Giorgio 16 anni, futuro ragioniere, «sono molti gli studenti che fumano tranquillamente nelle aree comuni e nessuno si preoccupa di far rispettare la legge».
I compagni di Dario hanno deciso di restare nellaula insieme ai professori. Hanno parlato, meditato. Poi un gruppetto arriva fino alla recinzione.
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