Emiliano Farina
da Roma
Il dibattito sulla missione in Libano ruota intorno al pressing sul sì bipartisan esercitato dalle cariche più alte dello Stato. A partire dal presidente della Repubblica. Alla vigilia del voto di oggi alla Camera sul decreto che finanzia la partecipazione italiana a Unifil, Giorgio Napolitano osserva che «se la missione in Libano non venisse approvata quasi allunanimità, al di fuori dellItalia farebbero molta fatica a comprendere». Il capo dello Stato si dice «fiducioso nel voto concorde», precisando che «nessuno va in Libano con la benedizione di Al Qaida». Il premier Romano Prodi invita a «prendere esempio» da Pierferdinando Casini (Udc), mentre il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, auspica una larga maggioranza parlamentare. «Sulle cose giuste più è ampio il consenso e meglio è».
La replica di Forza Italia alle parole di Napolitano è immediata. «Pur stando allopposizione, per quattro volte dal 1997 al 2001, - sottolineano Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto - abbiamo dato il nostro sostegno per permettere allItalia di mantenere la parola data. Ma questo non ci impedirà di manifestare il nostro dissenso sulla politica estera del governo. Tale disapprovazione - concludono - nasce dal nostro senso di responsabilità di fronte a un quadro internazionale che non tarderà a dare ragione alle nostre posizioni».
E a proposito di Casini, ieri durante la registrazione di Ballarò, ha ribadito che «limpostazione del governo è tendenzialmente giusta» e che «abbiamo lobbligo morale di confermare il sì. Credo - conclude - che la missione sarà votata anche da Berlusconi e Fini. Se non così non sarà, vorrà dire che si è perso il lume della ragione». Sempre dagli studi di Ballarò, il vice premier Massimo DAlema ha rilevato che «non si fa politica estera per fare un dispetto a Berlusconi: non mescoliamo le grandi sfide internazionali con le polemiche di casa nostra».
Intanto An insiste sulla richiesta di classificazione di «missioni di pace» anche per quelle in Afghanistan e Irak. «O cè chiarezza su questo punto o noi voteremo contro», avverte Maurizio Gasparri. E alle accuse di Piero Fassino («in politica estera queste furbizie non pagano»), Gianfranco Fini replica: «Fassino fa finta di non capire. Non chiediamo di rivedere il suo giudizio negativo sulla missione Antica Babilonia ma di riconoscere che anche a Nassirya i soldati italiani operano nel rispetto della Costituzione». Unapertura arriva da DAlema. «Le missioni svolte in questi anni sono state sempre di pace ma - puntualizza il ministro - la guerra in Irak è stata una scelta sbagliata che ha diviso la comunità internazionale». Gianfranco Rotondi (Dc) insiste sul «sì condizionato da regole di ingaggio certe, disarmo degli Hezbollah e ripresa del dialogo con Israele». Per Roberto Calderoli (Lega), «il governo ci deve dire se è dalla parte dei terroristi oppure contro».
E se il ministro Arturo Parisi dice di «aspettarsi un voto positivo dallopposizione» e Massimo Donadi (Idv) auspica che «il centrodestra faccia partire i soldati col sostegno unanime del Paese», il Pdci getta benzina sul fuoco. «Per avere successo - sostiene Iacopo Venier - bisogna sospendere laccordo di collaborazione militare con Israele firmato da Berlusconi e rilanciare lidea di una forza multinazionale anche a Gaza e in Cisgiordania».
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