Libano, show navale da un milione al giorno

Soltanto per la traversata si spende come dislocare per sei mesi una brigata di fanteria

Mario Sechi

da Roma

La missione militare in Libano è stata «venduta» dall'ufficio marketing del governo Prodi come urgente, necessaria e doverosa. Dietro il trionfalismo e la retorica spesi in questi giorni per «fare bella figura» si nascondono però dei fatti interessanti:
1. una pianificazione militare che sembra contraddire il requisito dell'urgenza; 2. un livello di costi troppo elevato, soprattutto nella prima fase; 3. la missione in alcuni punti non pare essere in linea con il mandato Onu.
La lettura della relazione tecnica del disegno di legge sulla missione Leonte e una serie di analisi e critiche mosse da esperti militari, ci aiutano a capire che cosa sta succedendo al largo di Tiro. Abbiamo usato l'espressione marinara non a caso, perché quella che per l'Italia avrebbe dovuto essere una missione interforze in prevalenza terrestre, con il dispiegamento della fanteria sul territorio libanese, di fatto nella sua prima fase è diventata un'operazione navale in grande stile, tanto che lo schema prevede in settembre-ottobre 1455 uomini in mare e 1041 soldati a terra. Far salpare le navi da Brindisi e farle approdare a Tiro è sicuramente un’occasione ghiotta per uno spot hollywoodiano - che puntualmente arriverà stamattina con la diretta del Tg2 dalla spiaggia - ma l’impatto di questa scelta sui costi dell’operazione è gigantesco. Nei primi quattro mesi lo stanziamento previsto per l’operazione ammonta a oltre 219 milioni di euro. Ma sono soprattutto i costi della prima fase, quella del dispiegamento della Entry Force a lasciare perplessi. Una missione definita urgente è stata avviata con l’uso del mezzo più lento e più costoso: le navi. Il trasporto truppe con i C130 dell’aviazione sarebbe stato più economico e rapido, in teoria in 48 ore un reggimento di paracadutisti (che corrisponde al numero di persone che effettivamente sbarcheranno, 900/1000 unità circa) può essere dispiegato a Timor Est. Le ragioni di questa scelta sono ignote. Secondo stime fatte dagli analisti militari, il costo mensile della traversata sul taxi navale, corrisponde all’effettivo dispiegamento sul terreno di una brigata di fanteria per sei mesi.
Nel dettaglio, lo schieramento della portaerei Garibaldi al largo delle coste libanesi costerà ogni mese oltre 3 milioni di euro, più di 123mila euro al giorno. Il pattugliatore/corvetta Fenice altri 965mila euro, le tre navi anfibie San Giorgio, San Giusto e San Marco sfiorano i tre milioni di euro per 30 giorni in mare. Fin qui l’operazione a cavallo dell’onda, che non comprende però i mezzi aerei. Gli elicotteri Sikorsky SH3D e gli Agusta AB212 della Marina militare costano rispettivamente 650mila euro e 349mila euro per un mese, gli aerei Harrier AV8BPlus ne costano invece 828mila e il loro utilizzo nella missione Leonte è giudicato dagli esperti quantomeno singolare per un’operazione in cui la parola «disarmo» degli hezbollah è diventata un tabù. L’aereo a decollo verticale prodotto dalla Boeing infatti è armato di missili aria-aria e aria-terra di ultima generazione. Il loro uso è compreso dalle regole di ingaggio?
Due mesi di operazioni navali incidono per circa 25 milioni di euro a cui vanno aggiunti altri 15 milioni di euro di spese «una tantum» che riguardano la preparazione della missione da parte della Marina e dell’Esercito, l’attendamento, l’operazione Mimosa (l’evacuazione di civili dal Libano), lo sminamento dell’area delle operazioni.
E siamo solo all’inizio, ai primi due mesi di una missione che in realtà comincerà a prendere corpo seriamente soltanto in novembre quando - guardacaso - le navi lasceranno la fonda di Tiro per tornare a Brindisi, il personale imbarcato si ridurrà a 230 persone e quello a terra salirà a 2450. Al largo delle coste libanesi infatti resterà soltanto una nave appoggio. Mentre il resto della truppa, i mezzi e i materiali sbarcheranno in autunno. Basta dare un’occhiata al dettaglio del finanziamento per apprendere che il costo «varie tipologie dei mezzi dell’Esercito Italiano» balzerà dai due milioni di euro del periodo settembre-ottobre a 9 milioni e mezzo di euro in novembre.

Ai costi della missione si aggiungono altri finanziamenti per corsi di lingua araba da impartire ai soldati italiani e la ristrutturazione della base logistica delle Nazioni Unite di Brindisi (costo che sfiora i 2 milioni e mezzo di euro). Una missione necessaria certamente, doverosa pure, urgente a parole, ma soprattutto costosa e in questo momento inutilmente vistosa.

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