Via libera dagli Usa: a tavola carne e latte di animali clonati

La Food and drug administration ha stabilito che ciò che viene da maiali e mucche «in fotocopia» può essere venduto senza particolari avvisi sull’etichetta

da Washington

Il governo americano ha deciso che il latte e la carne degli animali clonati possono essere messi in vendita e che i consumatori non hanno nulla da temere. Ma non solo: l’ente americano preposto al controllo sul commercio di cibo e medicinali, Fda (Food and drug administration), ha deciso che questi prodotti non dovranno nemmeno avere una particolare etichettatura. La decisione ha ovviamente scatenato polemiche: i gruppi di tutela dei consumatori chiedono che carne e latte di animali clonati siano almeno etichettati.
Da qualche anno in America è più che mai sentito il bisogno di cibi che diano maggiori garanzie per la salute del consumatore. Non a caso, una catena di supermercati garantisce la vendita di prodotti «puliti», non solo sul fronte organico ma anche su quello sociale, nel senso che si rifornisce da aziende che non impiegano lavoranti in nero pagati quattro soldi, quindi sfruttati.
Sono ormai cinque anni che le aziende d’allevamento e produzione di animali clonati spingono per far accettare dall’Fda la commercializzazione dei loro prodotti. Uno dei punti chiave nelle varie petizioni è che paesi come la Nuova Zelanda e l’Australia aspettano con ansia il via libera per il consumo in Usa, che farebbe da traino nel resto del mondo. ViaGen e Cyagra, due fra le più note compagnie americane specializzate in clonazione di bestiame, insistono che il procedimento per ottenere animali clonati non è altro che una nuova tecnica di riproduzione, in pratica molto simile all’inseminazione artificiale usata per il bestiame da decine di anni.
«Non si tratta - ha spiegato Barb Glenn della Biotecnology industry organization - di carne e latte ricavati da animali geneticamente modificati. Nessun gene viene rimosso, cancellato o modificato. Sono bestie prodotte per migliorare la razza, ad esempio gemelli di maiali che ingrassano più velocemente degli altri o di mucche che producono una quantità eccezionale di latte. In ogni caso il consumatore acquisterà con ogni probabilità prodotti derivanti non direttamente dagli animali clonati, ma dalla loro progenie».
«Carne e latte di cloni e delle loro progenie - ha scritto Larisa Rudenko dell’Fda sulla rivista Theriogenology - sono sicuri per il consumo come lo sono i prodotti degli animali riprodotti con le altre tecniche di riproduzione». «In pratica - spiega poi la dottoressa Rudenko - noi non vogliamo ingannare il consumatore. Mettere un’etichetta significherebbe trasmettere il messaggio: “Questo tipo di carne o latte è differente dagli altri”, il che non è vero».
John Medelson, direttore del Center for Food Safety è di tutt’altro parere : «Il consumatore si trova a comprare prodotti con potenziali rischi per la salute e inquietanti quesiti etici, per questo la federazione dei consumatori chiederà ai supermercati di non vendere prodotti ricavati da bestie clonate».
Irina Polejaeva, direttrice del laboratorio di clonazione della ViaGen assicura che i prodotti messi in commercio saranno sicuri per il consumo. Il pubblico ha spiegato - pensa ancora che la clonazione degli animali sia allo stato di inefficienza che risale a otto anni fa quando Ian Wilmut del Rioslin Institute of Scotland ha prodotto Dolly, la prima pecora. «Le bestie clonate - ha spiegato Larisa Rudenko - soffrono più delle altre di difetti di nascita e problemi di salute, ma se superano i 50 giorni di vita diventano animali sani come quelli tradizionali».
Sono ormai sei anni che l’Fda chiede agli allevatori americani di accettare volontariamente il bando alla vendita di bestie clonate che potrebbero finire sui banconi dei supermercati. In pratica un «bando informale» è stato applicato finora, ma con ogni probabilità qualche toro o mucca clonati, per capacità riproduttive i primi, di produzione di latte le seconde, possono sempre a fine corsa essere trasformati in hamburgers.

Un sondaggio condotto lo scorso settembre dalla Pew Initiative dell’università di Richmond, che si occupa di cibo e biotecnologia, ha rivelato che il 64 per cento degli americani non è a suo agio se si tratta di mangiare prodotti di animali clonati.

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