Prendere la testa del corteo. E spadroneggiare. Ormai è caduto anche l'ultimo velo di ipocrisia e finzione: antagonisti e cosiddetti pro-Pal si sentono i proprietari del corteo della Liberazione di Milano, e intendono gestirlo a piacimento. Anche cacciando «i sionisti», cioè gli ebrei, o almeno gli ebrei che non prendono espressamente le distanze da Israele. Certo, le parole usate da collettivi e sigle del mondo filo-Gaza suonano più velate, ma la sostanza è chiara: la galassia degli estremisti vuole lasciare le retrovie sempre occupate negli ultimi anni e prendere la testa del corteo - per mostrare plasticamente la sua egemonia - e intende contestare e aggredire verbalmente gli esponenti della Comunità ebraica che hanno deciso di sfilare orgogliosamente con le loro insegne, o dietro lo striscione della Brigata ebraica (la formazione di soldati sionisti che - inquadrati nell'ottava armata - parteciparono alla Liberazione dell'Italia, in Romagna). È contro i «sionisti» che la minaccia è rivolta, ma «sionisti» sono considerati tutti gli ebrei che non condannano Israele.
Minacce simili erano già indicate in un volantino comparso nella manifestazione di due settimane fa, quella che si concluse con minacce contro la premier e scontri con la polizia: «Agenti sionisti e i complici del genocidio in Palestina vanno cacciati da ogni piazza in cui proveranno a mettere fuori la testa, a partire dalla piazza del 25 aprile» recitava. Oggi ci risiamo. «Riteniamo inaccettabile - scrivono i giovani palestinesi - che nel corteo antifascista trovino spazio anche figure e gruppi che rappresentano il sionismo, il colonialismo e la guerra». «Non può esserci spazio - aggiungono - per chi usa la parola Resistenza solo quando fa comodo e la calpesta ogni giorno». Per queste frange, palestinesi o arabe, e di sinistra, la «resistenza» è quella che, anche armata, combatte contro lo Stato ebraico. «Rivendichiamo con forza di aprire il corteo insieme ai partigiani e a chi porta avanti la loro memoria» dicono, dunque. «Non «una richiesta simbolica ma - sottolineano - una presa di posizione politica precisa».
I Giovani palestinesi «non hanno alcun titolo riguardo alla Seconda Guerra Mondiale e vogliono passare davanti a tutti - replica Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica - non hanno rispetto per chi è stato deportato e ha combattuto la guerra di liberazione». «Sfileremo a testa alta, senza farci intimorire» risponde anche Daniele Nahum (foto) consigliere comunale, già vicepresidente della Comunità milanese, che difende la memoria della Brigata ebraica dalle velleità di chi vuole ribaltare la storia indicando nei militanti di Hamas gli eredi dei partigiani.
«Da un punto di vista storico e contemporaneo, questa affermazione suscita un sorriso amaro commenta - Vorranno forse ricordare Amin al-Husseini, il Gran Muftì di Gerusalemme alleato di Hitler? Oppure intoneranno il loro consueto slogan «dal fiume al mare Palestina libera», che presuppone l'eliminazione degli ebrei? Vorrei ricordare ai giovani palestinesi che la Brigata ebraica, a differenza del Gran Muftì, contribuì a liberare l'Europa e l'Italia dal nazifascismo e ha ogni diritto di partecipare al corteo».
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