Vino in lattina, la rivoluzione è alle porte

Il vino in lattina sta conoscendo un successo straordinario in paesi come gli Stati Uniti, l'Australia e l'inghilterra. Un pubblico giovane, meno conservatore, l'ha accolto con favore. Ecco i motivi del suo successo

Vino in lattina, la rivoluzione è alle porte

Mia cara ragazza, ci sono cose che non andrebbero mai fatte, come bere un Dom Pérignon del ’53 ad una temperatura superiore ai 38 gradi Fahrenheit” ( intorno ai 3,33°, ndr) asseriva in Gold Finger James Bond rivolgendosi alla splendida Jill Masterton in déshabillé, dopo aver accertato che la bottiglia di champagne nel secchiello del ghiaccio si fosse scaldata.

Forse qualcuno avrebbe da ridire sui gradi suggeriti da 007, un po’ al limite delle linee guida stilate dagli esperti, ma è indubbio che i gusti raffinati di James Bond facciano di lui un tradizionalista connaisseur di grandi vini che non sono proprio alla portata di tutte le tasche.

Difficilmente riusciremmo ad immaginarcelo a suo agio (almeno fino ad oggi) mentre sorseggia un vino senza annata in lattina e probabilmente ci scandalizzeremmo un po’ se dovessimo scorgerlo a bere direttamente dalla confezione.

Eppure, in un futuro nemmeno troppo lontano, i più conservatori, anche solo sporadicamente e per mera curiosità, potrebbero essere tentati dal compiere incursioni verso nuovi modi di approcciarsi al vino.

Con la complicità dei social network, la missione di scardinare tabù e conquistare fidelizzando chi al vino non si era mai avvicinato perché intimidito da un mondo che appare elitario potrebbe essere un gioco da ragazzi.

Negli Stati Uniti in misura maggiore ma anche nel Regno Unito e in Australia la rivoluzione è già cominciata: il consumo di vino in lattina negli ultimi due anni è divenuto una realtà. Nielsen, la nota società americana di ricerca, riporta che il volume di vendite in territorio americano ha raggiunto i 253 milioni di dollari nelle 52 settimane culminate nel marzo del 2020. Più 62% rispetto ai 12 mesi precedenti, con almeno 580 cantine che offrono circa 1.450 tipi di vino in lattina.

Questo a riprova che il packaging del vino nell’alluminio incalza velocemente e con una certa aggressività nonostante rappresenti ancora una percentuale ridottissima del mercato che, sempre secondo Nielsen, è detenuta all’89% dal consolidato format del vino in bottiglia di vetro.

Un fenomeno degno di nota che fotografa un settore (soprattutto fuori dall’Europa un po’ più conservatrice a riguardo) in continua evoluzione.

Ma quali sono le ragioni di tanto successo?

Il tema più importante molto banalmente riguarda la portabilità. Il vino in lattina è facile da acquistare, disponibile alla giusta temperatura nei frigoriferi dei Wine Store, monodose, pronto da consumare e trasportabile ovunque senza fatica: in spiaggia, ad un picnic, allo stadio, ad un concerto.

Non pesa e non occupa spazio ed è estremamente pratico, definito dagli americani “Summer Wine”, simbolo di una libertà ritrovata da celebrare all’aperto.

Poi punta sulla novità. Vuole palesemente rompere con la tradizione. É moderno: questa veste lo rende inclusivo e trasversale. Spolvera via quell’alone di esclusività che gravita intorno al mondo del vino in bottiglia e mette in soggezione il consumatore meno esperto e con poca possibilità di spendere. Al contario il vino il lattina si può consideare una bevanda democratica con prezzi in proporzione ridotti a causa del formato più piccolo rispetto a quello della bottiglia.

Poi c’è il tema molto attuale della sostenibilità (presunta o reale) perché per essere green l'allumino deve essere riciclato.

Infine il “canned wine” (vino in lattina) è divertente, semplice, non pretenzioso nel suo packaging dalla grafica accattivante e “Instagram friendly”. I nomi fantasiosi che a volte richiamano la romantica lingua italiana, le etichette con disegnati rossetti, tacchi, foglie di mariujana o coloratissime, con i toni arcobaleno che ammiccano alla comunità LGBT (come se ci fosse un vino che invece non è inclusivo).

La creatività strizza l’occhio ai millenials attenti all’estetica e alla qualità artistica del prodotto ed è amore virale a prima vista da condividere su Instagram.

Il vino in lattina non si erge volutamente come una bevanda importante né ha la pretesa di rimanere ad invecchiare in una confezione che per i vini vintage sarebbe inadatta. Si pone come un vino (rosé e bianchi frizzanti vanno per la maggiore) da consumarsi nel qui e ora.

Il lungimirante regista Francis Ford Coppola produttore di vini con la sua Francis Ford Coppola Winery è ricordato come uno dei rivisitatori e propulsori del vino in lattina nella sua forma trendy già dal 2004.

Prima di lui ci aveva provato senza grande successo Coca Cola che dal 1978 aveva cominciato a vendere i vini California Cellars in lattina, come confezione sostenibile, all’American Airlines senza però ottenere i margini sperati.

Quello di Coppola invece fu un grande successo: un Blanc de Blancs chiamato Sophia, dedicato a sua figlia, vestito con una grafica raffinata e coloratissima, un oggetto alla moda con annessa una cannuccia in pendant. Una confezione ideata per gli amanti della vita notturna e dei locali affollati dove i bicchieri di vetro sono off limits.

Pronti dunque ad abbandonare cavatappi professionale, decanter, bicchieri preziosi di fragile cristallo, termometro, secchiello del ghiaccio?

Addio ai rituali semiseri che accompagnano la stappatura di una bottiglia tra amici e agli esami visivi, olfattivi e gustativi. I puristi storcono il naso.

E se il vetro e la lattina non si escludessero l’un l’altro ma fossero invece due espressioni di un prodotto che non necessariamente si fa concorrenza ma che assolve solo funzioni diverse in momenti differenti?

Se il recente boom del vino in lattina, registrato durante la pandemia, fosse una risposta ad un momento storico che ci ha confinati in un isolamento privandoci del piacere della condivisione? C’è qualcosa di antisociale in una monoporzione che richiama la solitudine vicino alla quale l’idea di convivialità svanisce.

Qualcuno lo chiama anche “train wine”, quello che il pendolare, finita una estenuante giornata lavorativa, compra al volo prima di lasciare il centro e salire sul treno per far rientro a casa. Anche se su Instagram le foto di picnic allestiti in setting bucolici dove i colori delle tovaglie e quelli della lattine si abbinano suggeriscono quadri idilliaci.

Solituine e socialità due facce della stessa medaglia.

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