Lippi: «Abbiamo i nervi molto saldi trasformeremo il fango in energia»

Dopo la fiducia ottenuta da Rossi, il ct si sfoga: «Ho la coscienza a posto e mai ho pensato di dimettermi»

Franco Ordine

nostro inviato a Firenze

Marcello Lippi, petto in fuori, si sporge sulla siepe dei microfoni e sembra il prigioniero che va incontro al plotone d’esecuzione. Prova a farsi forza, a recitare la parte del duro prima di riprendere le sembianze più autentiche di un uomo appena rimesso in sella dal professor Guido Rossi. E rimane dinanzi a quella siepe, con gli occhi umidi in un certo passaggio, la voce rotta dall’emozione, il volto trasfigurato dallo stress. «Lippi, si sente ancora sotto schiaffo?» gli chiedono, ed è il segnale per rompere gli argini.
«Mi hanno fatto piacere le parole del professor Rossi, ma non posso essere felice a causa delle tante falsità che leggo. Mi dispiace l’accanimento, il gioco al massacro nei miei confronti. Mi chiedono di dare risposte ad alcune domande, l’ho già fatto, sono costretto a ripetermi. E allora ecco, ribadisco: 1) sono stato ascoltato come testimone, informato dei fatti; 2) dei rapporti con mio figlio sapete, mai sono stato assistito da mio figlio, mai ho avuto in vita mia un procuratore; 3) le telefonate con Moggi ci sono state, chi le nega, come ce ne sono state altre mille, con altri dirigenti, presidenti e allenatori, ma non ci sono state mai delle pressioni. E per averne conferma basta esaminare il lavoro che ho svolto io in questi due anni. Il problema più grave è che non mi credete. Mi credete se vi dico tutte queste cose che sembrano in apparente contrasto con le storielle raccontate in giro da qualcuno? Questo è il punto».
Scusi, Lippi, c’è chi sostiene che bisogna turarsi il naso e scortare la Nazionale al mondiale: cosa ne pensa?
«Ho portato nella mia valigetta una boccetta di profumo. Tutte le volte che leggo tanti giornali, non tutti badate bene, quelli che contengono giudizi in malafede, apro la bottiglietta di profumo».
Beckenbauer ha aperto il fuoco di sbarramento contro l’Italia al mondiale: la sua Nazionale pagherà il conto di Moggi?
«Chi pensa di poter utilizzare questi mezzucci per indebolire la Nazionale, metterle il bastone tra le ruote, scoprirà reazioni inedite, positive. Vedrete, il gruppo offrirà grandi risultati. E trasformerà tutto il fango in energia».
Ma il fardello non rischia di essere troppo pesante per ragazzi di meno di 30 anni?
«Penso, spero e credo di no. Abbiamo nervi molto saldi».
Perché ha sempre rinunciato all’idea di dimettersi e di evitare al club Italia questo supplizio?
«Perché in questi casi la scelta è semplicissima: o tu hai qualcosa da nascondere e temi che da un momento all’altro possa venire fuori tutto, e allora scappi, te ne vai; oppure hai la coscienza a posto, hai un bel rapporto col gruppo, alle spalle resiste l’eccellente lavoro svolto in due anni e trovi la forza per andare incontro a un camion col rimorchio. Io in questo momento mi sento così: posso andare incontro a un camion con rimorchio».
Scusi, Lippi, ma sul lavoro svolto da suo figlio, non ha sottovalutato le possibili conseguenze?
«Certo, se avessi saputo prima cosa bolliva in pentola. Ma io, anche con mio figlio Davide, sono stato chiaro fin dal primo giorno. Leggo e sento che sarebbe venuto a Coverciano: falso! Qui non ha mai messo piede, non ha mai avuto contatti. Come potevo rinunciare a fare il Ct nella previsione di uno scandalo del genere? Se poi è degenerata la situazione non è colpa mia. Non solo. Ma quando ho lasciato la Juve, sono rimasto alcuni mesi a spasso. In quel periodo mio figlio Davide ha cominciato la sua attività. Dovevo forse impedirglielo?».
Si pente di aver polemizzato con Zeman, una delle poche voci libere?
«In quella occasione c’è stato un equivoco di fondo. Io dissi: chi critica così ferocemente il sistema non può farlo stando all’interno, deve farlo dall’esterno per essere credibile».
Quando era alla Juve, ha avuto sentore del sistema Moggi?
«In quella società, ognuno fa il proprio mestiere. Io ne ero l’allenatore. Non mi sono accorto di niente. Come di niente si sono accorti altri mille che hanno lavorato nel pianeta Juve. E qui invece sembra che io sia l’unico ad aver allenato la Juve in questi anni».


Cannavaro sarà il capitano?
«Sicuro, non c’è alcun motivo per cambiare».
Anche lei condivide la tesi «tutti sapevano»?
«Ho chiarito gli aspetti della vicenda, alcune cose si sapevano, altre, di gravità impressionante, proprio no».

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