L'Italia dopo 10 anni di euro: così sono aumentati i prezzi

Tra il 2002 e il luglio di quest’anno, l’inflazione media italiana è cresciuta del 24,9%. Forti aumenti soprattutto al Sud

Ma quanto ci costa la moneta unica? Adesso che l'uscita dall'euro non è più un tabù, la Cgia di Mestre mette nero su bianco la stangata che, da dieci anni, gli italiani continuano a pagare. Dall’introduzione dell’euro i prezzi sono infatti aumentati in modo esponenziale, soprattutto al Sud. Ma, a differenza di quanto si possa credere, l’impennata non ha riguardato gli alimentari, l’abbigliamento o la ristorazione, ma soprattutto le bevande alcoliche e i tabacchi, le ristrutturazioni e le manutenzioni edilizie, gli affitti delle abitazioni e le bollette domestiche, nonchè i trasporti.

Secondo i dati statistici elaborati dall’Ufficio Studi della Cgia (leggi il report), tra il 2002 e il luglio di quest’anno, l’inflazione media italiana è cresciuta del 24,9%. Ma è nel Sud Italia che si sono registrati i rincari maggiori. In Calabria, per esempio, c'è stato l’incremento regionale più elevato (+31,6%). Seguono la Campania (+28,9%), la Sicilia (+27,6%) e la Basilicata (+26,9%). Le meno interessate dal "caro prezzi" ingenerato dalla moneta unica, invece, sono state la Lombardia (+23%), la Toscana (+22,4%), il Veneto (22,3%) e, ultimo della graduatoria, il Molise dove l’inflazione è lievitata "solo" del 21,7%."È opportuno sottolineare che il maggior aumento dei prezzi registrato nel Sud non deve essere confuso con il caro vita - spiega Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre -  vivere al Nord è molto più gravoso che nel Mezzogiorno. Altra cosa, invece, è analizzare, come abbiamo fatto noi, la dinamica inflattiva registrata in questi ultimi dieci anni. La maggior crescita dell’inflazione avvenuta nel Sud si spiega con il fatto che la base di partenza dei prezzi nel 2002 era molto più bassa rispetto a quella registrata nel resto d’Italia". Come spiega il numero uno dell'associazione di Mestre, a far schizzare i prezzi in questa parte del Paese hanno concorso anche "il drammatico deficit infrastrutturale, la presenza delle organizzazioni criminali che condizionano molti settori economici, la poca concorrenza nel campo dei servizi e soprattutto un sistema distributivo delle merci molto arretrato e poco efficiente".

Se si guarda nel dettaglio, appare subito chiaro che l’euro ha fatto esplodere i prezzi delle bevande alcoliche e dei tabacchi (+63,7%), quello delle manutenzioni e delle ristrutturazioni edilizie, gli affitti, i combustibili e le bollette di luce, acqua e gas e asporto rifiuti (+45,8%), nonchè dei trasporti pubblici (+40,9%). Pressoché in linea, se non addirittura al di sotto del dato medio nazionale, gli incrementi dei servizi alberghieri e della ristorazione (+27,4%), dei prodotti alimentari (+24,1%), del mobilio e degli articoli per la casa (+21,5%), dell’abbigliamento e delle calzature (+19,2%). "A differenza di quanto è stato denunciato sino ad ora - conclude Bortolussi - con l’avvento dell’euro non sono stati i commercianti a far esplodere i prezzi, bensì i proprietari di abitazioni, le attività legate alla manutenzione della casa, le aziende pubbliche dei trasporti, i gestori delle utenze domestiche ed, infine, lo Stato con gli aumenti apportati agli alcolici e alle sigarette.

Ricordo che sul totale della spesa media famigliare, che nel 2011 è stata pari a quasi 30mila euro, i trasporti, le bollette e le spese legate alla casa hanno inciso per quasi il 50% del totale, mentre la spesa alimentare solo per il 19%".

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