Lo street food in Sicilia è da sempre un fenomeno immersivo. Da molto prima che si usasse quest’anglicismo, il cibo di strada trinacrio è una summa di colori, profumi, di tradizioni, di insegnamenti che si tramandano di generazione in generazione. Perché quello che da tempo si vende nei bar, sui camioncini, ai chioschi, agli angoli di strada non è solo appannaggio dei commercianti della ristorazione sicana ma è retaggio antico, di un rito culinario che quotidianamente si consuma nelle case, tra le famiglie.
Arancini
Il primo e più celebre rappresentante dello street food siciliano è sicuramente l'arancino. O anche arancina. In base alla forma - piramidale o sferica - o alla zona della Sicilia in cui ci si trova. Gli arancini sono preparazioni tipiche della rosticceria sicula, a base di riso allo zafferano, condito con ragù e piselli, che viene panato e fritto.
Non si conosce realmente da dove venga la tradizione degli arancini. C’è una leggenda che parla di sant’Agata, vissuta nel III secolo, che portò degli arancini tondi da Palermo a Catania, meta del suo viaggio: l’ultimo le cadde per terra e la religiosa lo risistemò dandogli la forma conica, facendo di fatto nascere l’arancina. C’è invece chi fa risalire questo cibo all’influenza della dominazione araba nel IX-XI secolo, e chi invece afferma che la panatura, che rende gli arancini a lunga conservazione, sia addirittura opera di Federico II - una “meraviglia del mondo" anche in cucina.
Panelle
In Sicilia diversi street food sono incarnati da panini preparati in un determinato modo. Come ad esempio il “pane cunzatu”, che altri non è che un panino con pomodoro, primo sale, origano e olio d’oliva, da sempre merenda per bambini siciliani e meridionali (con alcune piccole varianti). Molto celebre in quanto a ricette sicule è invece il pane con le panelle, originario nello specifico di Palermo ma presente in un po’ tutta l’isola.
Si tratta fondamentalmente di frittelle a base di farina di ceci, anche queste probabilmente legate all’influenza della dominazione araba. Lo scrittore Giuseppe Pitrè testimoniò anche la nascita delle cosiddette “piscipanelle”, che erano delle padelle a forma di pesce, per dare l’idea di questo ingrediente quando la popolazione del mare era alla portata di poche tasche.
Pani câ meusa
Un altro panino trinacrio molto speciale è il pani câ meusa, ovvero un panino con semi di sesamo farcito da interiora di vitello bollite e ricotta. Le interiora sono, nello specifico, milza - da cui il nome dialettale dello street food - ma anche polmone e cartilagini della trachea. Pare che fosse una tradizione ebraica del Medioevo, poi continuata in seguito, nel corso dell’Età Moderna, dalle fasce di popolazione subalterne, che utilizzavano in questo modo gli scarti della carne “nobile”.
Altri street food siciliani
Restando nell’ambito della carne e soprattutto delle interiora, uno street food siciliano molto noto è rappresentato dalle stigghiole, ossia involtini a base di budello d’agnello, farciti da cipolla e limone, legati tra loro da uno spiedino e arrostiti. La ricetta è invece proveniente questa volta, con grande probabilità, da influenze greche.
Accanto alla carne, ci sono anche i cibi legati alla panificazione. Come la scaccia ragusana o agrigentina, una sorta di focaccia schiacciata farcita con pomodoro e ortaggi, ma anche ricotta, salsiccia, gamberetti, olive o cipolla: si tratta di una ricetta “povera”, nata dalla tradizione contadina del XVII secolo.
E c’è anche la cartocciata, che è originaria di Catania e consiste da un calzone cotto in forno, con
pomodoro, mozzarella e altri ingredienti. Vi è affine il pidoni messinese, che è invece fritto, e solitamente farcito con scarola riccia, acciughe e tuma.La foto del panino con le panelle è di Dedda71 via Wikipedia
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