Tempo di anniversari, anche per una star come il compositore-polistrumentista Angelo Branduardi (mezzo secolo di attività musicali, di concerti, di canzoni diventate iconiche). Tempo di nuove tournée. Il menestrello dei tempi moderni è tornato in pista. E domani sera sarà di scena al Lirico (ore 21).
Angelo Branduardi di nuovo in tour, quali le novità?
«Una novità molto grande, perché suoniamo in duo. Meno c'è più c'è. Per venti anni almeno ho fatto la star, ho girato il mondo e mi sono divertito tanto. Dopo il concerto delle 140mila persone a Parigi, ho cominciato a togliere. Ora cerco il minimalismo».
Quindi?
«Quindi il concerto non vuole impatto, c'è tutto quello che avreste voluto sentire da Branduardi che non avete mai osato chiedere. Come me sulla scena c'è Fabio Valdemarin, alla fisarmonica, un musicista che mi segue da tanti anni».
Che atmosfera si respira durante il concerto?
«Tutto è basato sull'intimismo. A questo proposito mi viene in mente una frase di Ennio Morricone, con cui ho fatto un tour europeo, che diceva essendo la musica l'arte più astratta è la più vicina all'assoluto. Per un credente è Dio, ma può essere anche molte altre cose».
Un incontro mistico...
«A tratti sì, senza essere tedioso, mai. Un duo non lo propone nessuno ed è faticosissimo. È un altro modo di intendere la musica. In Lombardia, dopo Milano saremo a Varese, poi faremo altro».
«Confessioni di un maladrino», titolo curioso per lo spettacolo: il malandrino è lei?
«Certo che sono io, il malandrino, sempre con discrezione (ride, ndr); è una vecchia storia. Ma è anche un gioco di parole, visto che anche il titolo di uno dei miei brani maggiormente conosciuti».
Parliamo di musica.
«Ci saranno dei brani che non ho mai eseguito in pubblico, lavori musicali che fanno parte di un repertorio del passato che esploro da parecchio. Ma alla fine canteremo tutti quanti insieme pezzi come Alla fiera dell'Est, ed è giusto che sia così».
I pezzi mai eseguiti: può dire qualcosa?
«Sono brani che ho fatto per la collana Futuro Antico, musica antica, che ho scoperto da giovanissimo dopo il Conservatorio, dove ai tempi non si studiava, perché si partiva storicamente dopo, dalla musica barocca».
Nome strano, un paradosso...
«Sì, Futuro Antico, un paradosso perché la crisi della musica occidentale non l'ho di certo inventata io, l'ha inventata Wagner. E poi, nella storia, ci sono stati tanti tentativi ed epigoni. E c'è pure il tentativo, da parte della musica colta, di vedere se fare un passo indietro significa farne due avanti».
Interessante...
«Ci sono brani di musica antica, soprattutto del repertorio gotico, che assomigliano alla musica contemporanea, per cui ho fatto otto dischi per quella collana; e non è finita, perché arriveremo a dieci».
Genere che piace a tutti?
«Il pubblico è molto vasto, a livello internazionale. Poi ci sono luoghi dove, per le loro tradizioni e culture, sono più ricettivi verso l'antica; vedi Paesi come Austria, Germania, Francia, Belgio e Danimarca, per fare qualche esempio».
E in Italia?
«Se di dischi così me ne hanno fatti fare così tanti... Non solo. Alla fine di ogni disco facevamo un grande concerto. A San Giovanni in Laterano, a Roma, sono venute 12mila persone, ad ascoltare musica antica, e io non ho fatto un brano mio...».
Infine c'è la ripubblicazione di «Alla fiera dell'Est».
«Versione doppio, in italiano ma anche
in inglese. Che cosa dire... i bambini Angelo Branduardi non sanno neppure chi è, però il topolino lo conoscono bene ormai. Questo vuol dire che quella canzone non mi appartiene più, ormai è diventata patrimonio popolare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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