Fausto Biloslavo - Giuseppe Marino
«Da noi c'è un detto, che a quanto deciso dalla Corte Suprema e dalla nonna non si può dire di no» ha sostenuto con una battuta non proprio felice il brasiliano Josè Graziano da Silva eletto domenica scorsa direttore generale della Fao a Roma. La domanda riguardava il caso di Cesare Battisti il terrorista degli anni di piombo scarcerato oltreoceano. Il sonoro schiaffo all'Italia, non ha nulla a che fare con la vittoria brasiliana nella corsa al vertice dell'agenzia dell'Onu per l'agricoltura e l'alimentazione. Se non per l'antipatica coincidenza temporale e il decisionismo brasiliano, appena laureata «nuova» potenza globale e già pronta a non guardare in faccia a nessuno o ad agire con spregiudicatezza, come nel caso Battisti.
Il brasiliano Graziano da Silva ha vinto la partita alla Fao grazie a una potente e globale operazione di lobbying di stato che dura da anni. Per di più a Roma sconfiggendo il candidato europeo appoggiato dall'Italia. E nello stesso mese di giugno in cui i rapporti diplomatici con Brasilia avevano raggiunto il calor bianco per la liberazione di Battisti condannato all'ergastolo nel nostro paese.
Graziano sbarca alla Fao nel 2006, come assistente del direttore generale per l'America Latina. In questa veste organizza fra il 10 e il 12 maggio 2010 una possente operazioni di lobbying in vista della successione. In occasione della 26esima Conferenza regionale dell'agenzia a Luanda, il presidente Lula manda un aereo di stato in Angola. Il volo imbarca più delegati possibili, compresi diversi ministri dell'agricoltura, portandoli a Brasilia per un convegno sulla lotta alla fame.
Con l'avvicinarsi della scadenza il governo brasiliano scalda i motori. Lula, come carismatico ex presidente, scrive sul quotidiano britannico Guardian un peana per Graziano, che pure aveva tenuto nel suo governo come ministro solo per pochi mesi. Non solo: ancora in carica aveva promesso un fondo fiduciario di 50 milioni di dollari per progetti ad hoc della Fao, che esulano dai contributi obbligatori.
Il 9 giugno esplode la «guerra» diplomatica con l'Italia per la scarcerazione di Battisti, ma i brasiliani vanno avanti con i loro piani. Fra le varie iniziative invitano a Roma, con una lettera in possesso de Il Giornale, vari rappresentanti di 36 paesi in via di sviluppo. Nella stessa missiva annunciano l'arrivo del ministro degli Esteri, Antonio Patriota e dello stesso Lula, che ha poi rinunciato, forse per paura di contestazioni italiane legate al caso Battisti. Il 24 giugno, due giorni prima dell'elezione del nuovo direttore generale della Fao illustreranno agli invitati, presso l'ambasciata brasiliana in piazza Navona, un «programma di cooperazione di 23 corsi riguardanti l'agricoltura, la sicurezza alimentare, lo sviluppo rurale e la lotta alla fame» ovviamente sponsorizzati dal Brasile. Per gli ospiti dei paesi in via di sviluppo vengono garantiti il biglietto aereo in classe executive, un alloggio all'altezza nella capitale e «una diaria di 257 dollari per seguire i 4 giorni della conferenza alla Fao», dove il candidato forte è brasiliano.
La battaglia contro i rivali, a cominciare dall'ex ministro degli Esteri spagnolo, Miguel Ángel Moratinos, non è scontata. Il Brasile conta sui paesi latino americani e caraibici in blocco oltre a gran parte degli africani e probabilmente al voto degli Usa. Dopo la prima votazione, però, Graziano distacca Moratinos di soli 5 voti. A tal punto che il ministro Patriota convoca i rappresentanti del G77 (131 nazioni in via di sviluppo) per un deciso appello a sostenere il brasiliano. Domenica scorsa Graziano la spunta per appena 4 voti e diventa il primo direttore generale della Fao latino americano.
Sarà un caso, ma il giorno dopo il ministro degli Esteri brasiliano firma, sempre a Roma, un prezioso accordo con quello dell'agricoltura del Ruanda. Una settimana prima l'agenzia di stampa ufficiale aveva annunciato, in vista del voto alla Fao, che il Brasile donava generi alimentari a 15 paesi dalla Bolivia allo Zimbabwe, dal Sudan alla Nord Corea.
Nei corridoi dell'agenzia contro la fame ci si aspetta che il nuovo direttore generale migliori l'efficienza appannata, ma per farlo potrebbe chiamare nel suo staff vecchie glorie. Si fa il nome di Claudio Bernabucci ex presidente di Movimondo, a suo tempo Ong di riferimento del Pci, che adesso vive in Brasile. Quando Lula era solo un sindacalista dormiva a casa sua a Roma. Bernabucci è stato uomo di Massimo D'Alema alla Fao.
La vittoria di Graziano è stata salutata dalle calorose parole del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che ha sottolineato le
origini italiane (il nonno nato in Calabria) del nuovo direttore generale. Due settimane prima il presidente commentava la scarcerazione di Battisti come una decisione «che lede gli accordi e l'amicizia» con il Brasile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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