I fratelli Gian Marco e Massimo Moratti non hanno perso tempo: in questi giorni, e dopo soli 6 mesi di bilancio, i due soci della holding di famiglia si sono portati a casa 100 milioni di euro. Quindici in più dell’anno scorso. Frutto di un esercizio tecnicamente dimezzato (il bilancio della holding, dal 2008, non chiude più a giugno, ma a dicembre) e soprattutto del dividendo eccezionale pagato dal gioiello di famiglia, la Saras spa, società di Sarroch, provincia di Cagliari, controllata con il 62,4%, quotata in Borsa, che di mestiere compra, raffina e rivende il petrolio.
Nel 2008 ha macinato 327 milioni di utile netto, in crescita del 31% rispetto ai 259 del 2007. Un polmone (finanziario) grande e generoso tanto quanto lo sono, sulla fascia destra, quelli di Maicon per la squadra nerazzurra. Perché a parlare dei Moratti è ineluttabile finire lì, in casa Inter, società controllata dalla famiglia e presieduta da Massimo. D’altra parte i paralleli tra l’Inter e la Saras, a torto o a ragione, vengono da sé. E senza nulla togliere ai meriti atletici e sportivi della squadra che, dopo lo scandalo degli arbitri del 2006, ha preso a dominare il campionato italiano. Ma certo appare evidente che in mancanza della potenza di fuoco della sarda Saras, tutto sarebbe stato più difficile per Massimo Moratti (Gian Marco non ha ruoli nell’Inter) e Mancini prima, Mourinho poi. Basta dare un’occhiata alle cifre: il campionato 2005-’06 equivale a un rosso di bilancio di 181 milioni; che nel 2006-’07 salgono a 206,8; per poi calare a «soli» 148 nel 2007-’08. (Siamo in attesa del saldo 2009).
Oltre 500 milioni in tre anni, ripianati puntualmente dagli azionisti, non se li possono permettere in molti. Ma se hai la Saras alle spalle, si può fare. Basti pensare che le ottime performance del bilancio 2008 del gruppo di Sarroch - come si evince dai documenti ufficiali - si devono per lo più alla crescita del «margine di raffinazione», vale a dire la differenza tra il costo della materia prima, il petrolio, e il prezzo a cui Saras lo rivende sotto forma di benzine alle stazioni di servizio, agli ipermercati, all’industria. Ebbene, nel 2008 il margine è cresciuto del 20%, da 7,3 a 8,7 dollari per ognuno dei 113 milioni di barili che passano in un anno dalle raffinerie dei Moratti. E il prezzo della benzina, si sa, non fa il tifo per nessuna squadra: è uguale per tutti. Ma giova un po’ più ai fratelli, non c’è niente da fare. Per questo, dei 250 milioni di utile del 2007, quasi 162 sono stati distribuiti nel 2008 ai soci Saras sotto forma di dividendo. La quota dei Moratti, 62,4%, corrisponde al cedolone da 100 milioni entrato nelle casse della holding che si chiama Angelo Moratti sapa (società in accomandita per azioni). E che, qualche giorno fa, li ha distribuiti tutti quanti a Massimo e Gian Marco (soci accomandatari). E tra un anno si replicherà: la cedola appena distribuita da Saras è rimasta inalterata (17 cent per azione), saranno altri 100 milioni. E questo nonostante la Saras sia assai indebitata: 333 milioni, quasi tutti accumulati nel 2008. Tanto che gli investimenti previsti sono stati rimandati di 12-18 mesi. Il dividendo, invece, no, è rimasto puntuale. Anche se non solo per Massimo e Gian Marco, naturalmente, visto che Saras è quotata e che ha altri 105mila piccoli e grandi azionisti che incassano anch’essi il dividendo. Ma alcuni di questi, da un po’ di tempo, sono un po’ «seccati» con i Moratti. Anche quelli di fede interista, crediamo.
Accade che Saras è stata collocata in Borsa nel 2006. A sei euro per azione. Ieri ha chiuso a quota 2,5, il 58% in meno del valore della quotazione. Ma questo non sarebbe di per sé uno scandalo: i due principali gruppi petroliferi europei comparabili hanno perso molto anche loro in questi anni: Neste il 56%, Petroplus il 35%. Il punto è che su Saras la Procura di Milano ha da poco aperto un’inchiesta sull’ipotesi che il prezzo del collocamento sia stato gonfiato dalle banche incaricate del collocamento. Secondo i consulenti della Procura il valore della società sarebbe stato tra i 4,1 e i 5,1 euro per azione, e non 6.
Una differenza che, se accertata, si tradurrebbe in un incasso gonfiato calcolato tra i 600 e i 770 milioni a favore dei Moratti, che nell’occasione hanno venduto sul mercato il 30% del gruppo. Finito nelle tasche di oltre 105mila soci. Che, interisti o meno, vorrebbero capire per bene come sono andate le cose.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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