Lou Salomé, una zarina nel regno degli intellettuali

Lou Salomé, una zarina nel regno degli intellettuali

Un’Eloisa che colleziona Abelardi. Una vispa teresa che offre non il corpo, bensì l’intelletto. Una virago nascosta in un fisico da modella. Un’arrampicatrice più culturale che sociale. Una mantide che divora l’oggetto della propria passione. O una figlia che cerca negli uomini un padre di riserva, o una madre mancata che li tratta come pargoli indisciplinati, o una madonna pellegrina che nelle sue tournée dalla Russia alla Francia, dalla Svezia all’Italia, dona la grazia creatrice a chi la incontra.
Difficilmente troveremo, nel desolante panorama attuale della gente «in vista», cioè di quel milieu fatto di tivù e cinema, teatro ed editoria, giornalismo e salottismo, dagospiismo e politica, prostituzione da aula di tribunale e da rotocalco, insomma, nell’imperante puttanaio (femminile, maschile e transgender) diventata la «cifra» del moderno «apparire», una donna della tempra, dello stile, della sagacia e della profondità di Lou von Salomé (San Pietroburgo, 1861 - Gottinga, 1937). Una donna alla quale cadono perfettamente, come elegantissimi capi di sartoria, tutte le definizioni sopra elencate.
Donna o «uoma»? Uno fra gli ultimi a entrare nel suo harem, lo svedese Poul Bjerre, afferma: «Quando Lou si appassiona a un uomo, dopo nove mesi costui mette al mondo un libro». Leggendo la documentatissima biografia che Heinz Friedrich Peters le dedicò nel 1962 (Lou Andreas Salomé. Mia sorella, mia sposa, ora riproposta da Odoya, pagg. 416, euro 20, traduzione di Amina Pandolfi) comprendiamo quanto Bjerre avesse colto nel segno. Lou gli uomini li fecondava. Escort per i più giovani e badante per i più maturi, a tutti regalava idee: stava a loro metterle a frutto. Accadde con Friedrich Nietzsche che nel dopo-Lou concepì Così parlò Zarathustra, un frugoletto piuttosto vivace; con Gerhart Johann Robert Hauptmann e il suo autobiografico dramma Anime solitarie; con Rainer Maria Rilke e i tetri Quaderni di Malte Laurids Brigge e le assolate Elegie udinesi. E persino il patriarca della psicanalisi, Sigmund Freud, ammise di aver imparato molto dall’allieva che durante i seminari viennesi lavorava a maglia, ma, nei colloqui privati, gli concedeva ripetizioni della materia più affascinante e ostica: l’universo femminile.
Ovviamente le altre signore, a parte rarissime eccezioni che confermano la regola (Frieda von Bülow, Ellen Delp e Anna Freud), vedevano come fumo negli occhi l’attivismo di Lou, considerata una zoccola dedita alla circonvenzione d’incapaci: finché si era in tempo bisognava strappare dal becco dell’aquila il prelibato boccone del fratello, o dell’amico, o del marito. L’esercito di amazzoni che la volevano se non morta almeno ridotta all’impotenza era guidato da Elisabeth, sorella-despota del suddito Nietzsche. Leggendari gli scontri a fuoco epistolari fra l’astiosa generalessa da una parte e la cavalieressa solitaria dall’altra dopo i fatti di Bayreuth dell’estate 1882, quando l’incantevole ventunenne russa aveva osato avvicinarsi alla tana del lupo Wagner in compagnia del suo Fritz. «Come Krimilde e Brunilde - scrive Peters - \ provenivano da due mondi diversi e rappresentavano ideali totalmente opposti. L’una libera, audace e nemica delle convenzioni, l’altra legata a tutte le formule piccolo-borghesi, farisaica e sempre convinta di essere nel giusto».
Ma la libertà, l’audacia e il fregarsene delle convenzioni sono merce molto cara, al supermercato della vita. Lou l’aveva imparato fin da bimba quando, già perso il padre e già dissoltasi la fede in Dio (quel Dio al quale ogni sera, nella sua stanzetta, raccontava ciò che le era capitato durante la giornata incominciando con la formula «come tu sai...» e che una volta, a precisa domanda, non rispose), si rifiutò di ricevere la cresima. Apriti cielo, con la mamma su tutte le furie e lei a resistere a denti stretti, irremovibile. E l’intima frequentazione, a 17 anni, con il pastore olandese Gillot, certo non aveva messo in buona luce quella ragazzina bella come un angelo e coriacea come un orso.
Quanto al sesso, però, a dispetto delle apparenze i pettegoli quasi sempre erano fuori strada. Nella biografia di Peters manca la contabilità degli amplessi, ci mancherebbe, tuttavia è chiaro che Lou rimase immacolata almeno fino ai 33 anni. Sarà stato il dottor Savelij, emigrato russo a Parigi e sospettato di aver preso parte all’assassinio dello zar Alessandro II, il primo a varcare la sua soglia? O piuttosto, nel ’95, toccò a un misterioso straniero mai citato nelle Memorie? È un fatto che nel 1902, moglie da 15 anni del burbero e gelosissimo orientalista Friedrich Carl Andreas, Lou rimase incinta. Non di lui, ma del viennese Friedrich Pineles. L’aborto, dovuto probabilmente a una caduta in giardino, la sgravò di un peso per lei insostenibile. E allora, avanti un altro: il segaligno poeta Rilke.

Il quale sublimò in pochi versi il proprio (presunto) primato: «tu, mia notte di giugno con le mille vie,/ su cui nessuno passò prima di me:/ io sono in te». Leggendoli, Lou si commosse, ma proseguì per la propria strada. Da qualche parte, in un vecchio diario, aveva scritto: «Ai ricordi sono fedele per sempre; agli uomini mai».

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